giovedì 26 settembre 2019
Cardillo: 558mila gli iscritti al Registro dei donatori, realizzati 10mila interventi da non familiari. Fino al 29 settembre la Settimana della sensibilizzazione
Massimo Cardillo

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Grazie alla donazione del midollo osseo e delle cellule staminali emopoietiche sono oltre 10mila i trapianti da non familiare finora realizzati in Italia. A fine 2018, il Registro Italiano Donatori di Midollo Osseo (Ibmdr) è arrivato a contare 558mila iscritti. Per sensibilizzare i giovani alla donazione, dal 21 al 29 settembre in 180 piazze italiane, volontari, medici e personale sanitario del Servizio sanitario nazionale, coinvolti nell’iniziativa Match It Now, offrono un primo screening. «Lo scorso anno abbiamo avuto un notevolissimo incremento di donatori reclutati: 45mila contro le medie che si aggiravano intorno ai 20-25mila», racconta Massimo Cardillo, direttore generale del Centro Nazionale Trapianti. Che però avverte: «Mettere a disposizione della comunità, quindi di un bambino che si ammala, una donazione per esempio di cordone, è una reale opportunità di trattamento. L’idea di poterlo utilizzare per finalità personali non ha alcun fondamento scientifico».

Il trend in aumento dei donatori conferma che l’Italia in genere risponde bene agli appelli a donare.

Il nostro Sistema sanitario è solidaristico, per cui c’è un’attenzione alla donazione a 360 gradi, sia che si tratti di donazione di midollo, che di sangue o di organi. Possiamo, però, fare di più. Il nostro registro è tra i primi in Europa tra quelli pubblici, ma è ancora lontano dall’obiettivo di alcuni registri privati come in Germania, dove si fanno numeri molto più alti dei nostri.

Perché è così difficile trovare un donatore compatibile?

Il sistema immunologico nell’uomo è molto polimorfo, per cui non è facile trovare una persona immunologicamente identica a noi. La probabilità che un paziente ha di trovare un donatore compatibile nella propria famiglia è del 25 per cento. Ma se non si individua una persona compatibile all’interno della famiglia, l’unica possibilità è quella di trovare un potenziale donatore nel registro, che raccoglie i 'profili genetici' dei tanti donatori che si iscrivono volontariamente. Quindi, iscriversi al Registro aumenta le possibilità per il paziente di trovare un donatore compatibile.

Anche il numero dei trapianti sta crescendo?

L’anno scorso sono stati effettuati circa 850 trapianti di cellule staminali emopoietiche da donatore non consanguineo, quindi attingendo al Registro. È un dato soddisfacente, perché si riesce a dare una risposta alla grande maggioranza dei pazienti che ne hanno bisogno. Una quota di questi trapianti è stata realizzata grazie a donatori italiani e un’altra quota con donatori stranieri; ricordiamo che il Registro Ibmdr è in collegamento con i registri di tutto il mondo. Il nostro obiettivo è aumentare la quota di quelli italiani perché questo consente di identificare anche più rapidamente il donatore compatibile; la tempistica è un altro degli elementi importanti per i pazienti che hanno bisogno di questo tipo di terapia.

Una terapia che non è a pagamento...

Il trapianto di midollo, che si esegue negli ospedali pubblici, fa parte dei Livelli essenziali di assistenza e, come tale, è a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale. Viene messa a disposizione di tutti i cittadini che ne hanno bisogno, come succede per molte altre forme di terapia. Per la ricerca del donatore compatibile, si consulta il Registro di donatori di midollo in Italia, che è collegato ai registri di tutte le altre nazioni del mondo. In sostanza, il donatore dona nel Paese di residenza e poi il campione di cellule staminali emopoietiche viene spedito presso il centro trapianti che ne ha fatto richiesta. Oggi la grande maggioranza dei pazienti viene curata con il trapianto di cellule staminali emopoietiche da sangue periferico.

Ma il sistema sanitario sarà in grado di sostenere questi costi?

Si tratta di un problema molto generale della medicina moderna. La scienza trova prospettive nuove, tutto questo comporta dei costi che devono essere sostenuti. Stiamo parlando di patologie molto gravi, che mettono a grave rischio la vita e quindi è importante che un sistema sanitario sia in grado di garantire un trattamento per queste malattie e possibilmente anche di sostenerne i costi. Il nostro sistema ci viene invidiato a livello internazionale proprio per la sua solidaristica capacità di dare una risposta a tutti i cittadini, indipendentemente dal censo e dalla disponibilità economica

Per il sangue cordonale, molte mamme si sono lasciate convincere a depositarlo per i propri figli, a pagamento all’estero. Salvo poi perderne le tracce, come è avvenuto di recente con una biobanca svizzera...

Quando è iniziato nei primi anni ’90 il programma di recupero del sangue del cordone ombelicale per finalità trapiantologiche, avevamo detto subito che l’uso doveva essere solidaristico, e non personale. Una forte spinta commerciale di alcune compagnie, che hanno individuato una possibile fonte di guadagno nella costituzione di queste banche, ha fatto sì che si diffondesse il messaggio che la conservazione del cordone sarebbe potuta risultare utile per lo stesso bambino che dona. Ma se si pensa di utilizzare il sangue cordonale per trapiantare il bambino che si è ammalato dopo tanti anni, si corre il rischio di replicare la malattia. Noi non siamo certi, infatti, che quel sangue che è stato prelevato non contenesse già al momento della nascita le cellule che hanno poi sviluppato la malattia. L’idea di poterlo utilizzare per finalità personali non ha alcun fondamento scientifico. Metterlo a disposizione della comunità è una reale opportunità di trattamento.

Grazie alla ricerca le prospettive di guarigione per patologie prima considerate inguaribili vanno sempre più aumentando?

Il trapianto di cellule staminali emopoietiche rappresenta la terapia d’elezione per moltissime malattie, come le leucemie. Queste gravi malattie del sangue, che prima potevano essere trattate solamente con il trapianto di midollo, oggi possono anche essere curate con le stesse cellule del paziente se queste vengono trattate in modo tale da essere capaci di aggredire le cellule malate. Questo tipo di terapia, le cosiddette Car-T, ossia le cellule del paziente opportunamente manipolate, offrono delle prospettive nuove. E stanno già portando risultati concreti.

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