mercoledì 24 gennaio 2024
Il presidente Macron vuole inserire l'aborto nella Costituzione e promuovere l'aiuto a far morire. Anche le associazioni sanitarie sono preoccupate per i rischi di derive imprevedibili
Un momento della Marcia per la vita di domenica scorsa a Parigi

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Cosa attendersi dalla nuova “sequenza” bioetica che il presidente francese Emmanuel Macron ha previsto per il primo semestre di quest’anno, sullo sfondo di ciò che l’Eliseo chiama il «riarmo civico» del Paese?

Oltralpe sono in tanti a chiederselo, soprattutto fra coloro che hanno manifestato domenica scorsa, dimostrando la vitalità del fronte associativo per la vita, attraverso una Marcia parigina che si è distinta anche per la giovane età di tanti partecipanti. A ritmo di musica, sono stati scanditi slogan come «Smettetela di prendervela con gli embrioni», ma anche «Proteggere chi è debole, questo sì che è forte», o ancora «Il primo diritto è quello di vivere», oppure «Curare non significa uccidere».

Ancora una volta, c’è il timore che le novità bioetiche promesse dall’esecutivo diventino una sorta di moneta politica di scambio “automatica” concessa simbolicamente dal presidente all’ala ex socialista della maggioranza. Insomma, una sorta di cauzione ideologica versata per consentire pure al presidente di conservare il proprio berretto di autoproclamato capo di Stato progressista, soprattutto in contrapposizione con le varie anime del fronte conservatore, dai centristi dell’Udi agli ultranazionalisti xenofobi lepenisti, passando per il centrodestra neogollista.

Viene interpretata in questa chiave tattica anche la volontà di Macron d’iscrivere solennemente nella Costituzione la «libertà» per le donne di abortire. Il tema è appena arrivato fra i banchi dell’Assemblea Nazionale, con la prospettiva di un voto in prima lettura il 30 gennaio, seguito dalla successiva tappa al Senato.

All’apertura dei lavori, il guardasigilli Eric Dupond-Moretti ha tuonato: «Non c’è democrazia degna di questo nome, quando la metà della sua popolazione non può emanciparsi. Ecco perché la libertà di ricorrere all’Ivg (interruzione volontaria di gravidanza, ndr) non è una libertà come le altre, poiché permette alle donne di decidere sul loro avvenire».

Ma in proposito, c’è chi denuncia una manovra politica molto strumentale, come ha fatto lo stesso presidente del Senato, Gérard Larcher, neogollista, dicendosi a titolo personale contro l’iscrizione: «Non penso che l’Ivg sia minacciata in Francia. La Costituzione non è un catalogo di diritti sindacali e sociali».

Il mese prossimo, invece, entrerà nel vivo il dibattito sul fine vita, che vede ormai Macron e la maggioranza apparentemente orientati verso l’apertura di un’inedita breccia per il “far morire” e in particolare per il suicidio assistito. Secondo una prima bozza resa nota, la possibilità di un «aiuto attivo a morire» potrebbe riguardare dei pazienti adulti affetti da malattie incurabili che procurano sofferenze intollerabili e non lasciano speranze di vita oltre il medio termine.

Ma intanto, anche diverse associazioni del mondo sanitario temono una scorciatoia segnata da tanti rischi di derive. Una scorciatoia, di fatto, anche per schivare il problema prioritario e irrisolto delle cure contro il dolore spesso ancora negate a tanti fra i più fragili.

In proposito, il presidente della Marcia per la Vita, Nicolas Tardy-Joubert, è stato chiaro, denunciando il fatto che «due terzi dei francesi che avrebbero diritto alle cure palliative non vi hanno accesso». Per il leader associativo, «il vero progresso è sostenere la cultura della vita», soprattutto in una società dove potrebbe diffondersi invece la banalizzazione del «far morire», secondo quanto si osserva già ad esempio in Belgio o in Olanda. In ogni caso, rispetto ai piani del governo, «un’altra politica è possibile», proprio perché «la cultura di morte non è una fatalità» verso la quale sospingere chi invece generalmente mostra di poter tessere ancora dei legami umani.

A proposito di un eventuale strappo, un nuovo avvertimento è giunto pure da monsignor Vincent Jordy, arcivescovo di Tours e vicepresidente della Conferenza episcopale: «Una simile legge sarebbe uno sconvolgimento per la nostra civiltà centrata su un principio fondatore: non ucciderai. Sarebbe la “rottura di una diga” i cui effetti non sono prevedibili. Per rassicurarci, si invoca la nozione di progresso. Ma sappiamo, alla luce di certi scandali sanitari e finanziari, ciò che può produrre la non previsione, anzi il cinismo umano in nome del progresso. Sappiamo pure tutto il bene che procurano l’accompagnamento e le cure palliative, eppure tanto carenti in Francia, malgrado 4 leggi in 20 anni».

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