venerdì 11 febbraio 2022
Il farmaco non più usato nei bracci della morte dei penitenziari Usa individuato per consentire al tetraplegico di darsi la morte. Ancora molti i punti da chiarire, in atttesa della legge
Suicidio assistito, il Pentothal per far morire "Mario"?
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Il farmaco per autopraticarsi la morte nella forma del suicidio medicalmente assistito è il «tiopentone sodico nella quantità di 20 grammi». Lo rendono notoi radicali dell’Associazione Luca Coscioni, promotori del referendum per depenalizzare l’omicidio del consenziente di cui si occuperà martedì 15 la Corte costituzionale e dell’eutanasia legale. È in funzione dell’introduzione della libera pratica della morte volontaria per chiunque ne faccia richiesta che viene usata dall’Associazione la drammatica vicenda umana di "Mario", camionista marchigiano tetraplegico da 15 anni per gli effetti di un incidente stradale. E l’individuazione del farmaco per garantire una morte rapida e senza sofferenze al paziente che aveva fatto richiesta di morire ritenendo di rientrare nei casi rigorosamente delimitati dalla stessa Corte nel 2017 con la sentenza 242 sul caso Cappato-Dj Fabo aggiunge un dettaglio agghiacciante a tutta la questione: il tiopentone sodico è infatti più noto come Pentothal, ed è il potente barbiturico a rilascio immediato che negli Stati Uniti veniva usato per le condanne a morte prima che l’azienda produttrice – la Hospira – ne sospendesse la produzione. L’Unione Europea da allora vieta l’esportazione di prodotti equivalenti proprio ritenendolo un farmaco da usare solo per sedazione preoperatoria, sotto stretto controllo medico.

La commissione insediata dall’Asur Marche per individuare il farmaco e il dosaggio non si è comprensibilmente spinta oltre. Chi valuta la congruenza del farmaco con ciò che la Corte Costituzionale dispone a tutela della dignità delle persone che chiedono il suicidio assistito: «La verifica delle condizioni che rendono legittimo l’aiuto al suicidio – scrive la Corte – deve restare peraltro affidata – in attesa della declinazione che potrà darne il legislatore – a strutture pubbliche del servizio sanitario nazionale. A queste ultime spetterà altresì verificare le relative modalità di esecuzione, le quali dovranno essere evidentemente tali da evitare abusi in danno di persone vulnerabili, da garantire la dignità del paziente e da evitare al medesimo sofferenze». C’è dunque ancora da verificare cosa, come e chi deve compiere il passo letale con il Pentothal in mano. In attesa di una legge, che con ogni evidenza diventa necessaria per normare ogni singolo passaggio di questa procedura cui ha aperto a ben definite condizioni la stessa Consulta, la Regione riflette sul da farsi, consapevole della grave responsabilità che potrebbe assumersi dando il via libera alla prima morte volontaria in Italia assistita da personale del Servizio sanitario. Basti pensare al possibile fallimento della procedura: chi si occuperebbe di sopprimere Mario? O di salvarlo? E di fronte alla sofferenza inimmaginabile cui sarebbe sottoposto cosa andrebbe fatto? Chi si assume la relativa responsabilità? Rilevante, poi, che la Giustizia americana abbia escluso il Pentothal dai bracci della morte. Ora lo adotterebbe la sanità italiana? E la macchina per consentire al paziente di autosomministrarselo qual è? Chi la individua? Il Servizio sanitario dovrebbe acquistarla? Con che soldi? Quale procedura esatta andrebbe seguita? Dove? E il Comitato etico dell’Asur Marche su tutte queste domande non dovrà ancora pronunciarsi? Il personale sanitario è disponibile a sommistrare un anestetico in dosi letali? E chi lo tutela se le cose non andassero come previsto? Le domande cui rispondere sono ancora numerose.

Siamo sulla soglia di un possibile squarcio nella nostra civiltà giuridica e medica sul quale meditare con estrema attenzione. L’autorità regionale è conscia che la Corte non ha dettato alcun "diritto di morire" e dunque non c’è un conseguente dovere della sanità pubblica di operare. La questione – che l’Associazione Coscioni dà per già risolta, contando che i media ne adottino la lettura di fatti in realtà assai più complessi – è ancora aperta.

L'ombra del barbiturico per le iniezioni letali nelle carceri americane

Liscate, paese industriale alle porte di Milano, gennaio 2011: la casa farmaceutica americana Hospira annuncia che la sua sede italiana cesserà la produzione di un farmaco impiegato in alcuni degli Stati Usa nei quali è legale la pena di morte per uccidere i condannati con il metodo dell’iniezione letale.

Il farmaco si chiama Pentothal.

L’azienda, che ha sede nell’Illinois, dichiara che «abbiamo avviato un confronto con le istituzioni italiane riguardo al Pentothal negli Stati Uniti per la pena capitale. Uso che Hospira non ha mai avallato. L’Italia ci chiede di controllare il prodotto lungo tutta la filiera fino all’utente finale, in modo da evitare l’impiego nella pena capitale».

Nel movimento italiano anti-pena di morte c’è grande soddisfazione: il 21 gennaio la esprime in una nota «Nessuno tocchi Caino», «l’Associazione radicale che si era mobilitata per impedire che il farmaco prodotto in Italia giungesse nei penitenziari americani». Il suo segretario Sergio D’Elia parla di «ottima decisione, che va oltre le nostre aspettative». Plauso analogo a quello espresso ieri da un’altra espressione di punta della galassia radicale, l’Associazione Luca Coscioni, che ha parlato di «svolta storica» per l’indicazione, come farmaco perché Mario possa darsi la morte, del «Tiopentone sodico». Che altro non è se non il Pentothal. Una contraddizione tra battaglie radicali che non può passare inosservata.

È vero che il Tiopentone-Pentothal fa parte di quel gruppo di analgesici utilizzati anche per le anestesie: ma una cosa è addormentare e rendere insensibile al dolore un paziente durante un intervento chirurgico per farlo guarire, tutt’altra è usare lo stesso preparato per dargli la morte, con un super-dosaggio di 20 grammi.

Il Pentothal ha una fama sinistra nei penitenziari americani non solo perché è associato alla soppressione rapida della vita umana ma per i suoi effetti collaterali: sul suo uso si registra infatti una pioggia di ricorsi, polemiche e denunce dei legali di condannati a morte per la disumanità della fine alla quale erano destinati con l’uso del Pentothal. Non di rado il farmaco causava convulsioni spaventose negli spasmi di una morte atroce, con il soffocamento che giungeva quando ancora il condannato era cosciente. È ancora Nessuno tocchi Caino – meritoria associazione che si batte contro la pena capitale in tutto il mondo – che nel 2020 nota come il «Pentothal è il barbiturico presente in tutti i protocolli di iniezione letale dei vari Stati Usa» ma che la Hospira aveva cessato di distribuirlo nelle carceri. Il Pentothal ha una così pessima fama che il 21 dicembre 2011 l’Unione europea ne vietò l’esportazione dichiarando che «non approva la pena capitale e lavora per la sua abolizione universale». Come purtroppo spesso accade, è – anche – una questione di parole cambiate: se si chiama il «Tiopentone sodico» col suo nome, «Pentothal», la morte procurata appare l’atto disumano che è.

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