mercoledì 1 dicembre 2021
Jordi Sabaté Pons, popolare youtuber 37enne di Barcellona, colpito 7 anni fa dalla Sclerosi laterale amiotrofica, si è visto proporre la morte dall'assistente sociale. L'eutanasia è legale da marzo.
Jordi Sabaté Pons

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«Attivista. Youtuber. 7 anni con la Sla, malattia mortale senza cura. Non posso muovermi, parlare, mangiare, né bere e respiro con difficoltà. Amo la vita». È la presentazione nei social di Jordi Sabaté Pons, 37 anni, di Barcellona, che lotta ogni giorno per essere vivo. È un’influencer noto per il suo canale YouTube con 20mila follower, 80mila su Twitter, che seguono la sua battaglia per un’assistenza degna ai malati di Sclerosi laterale amiotrofica. Jordi riesce a comunicare grazie a sensori infrarossi che "leggono" il movimento dei suoi occhi e lo riversano su una tastiera virtuale.

Giorni fa ha ricevuto una visita che lo ha indignato: un’assistente sociale, che gli ha proposto l’eutanasia, di recente legalizzata in Spagna. Un episodio raccontato da lui stesso: «Che bella società stiamo creando – ha twittato –. Oggi una nuova assistente sociale mi ha chiesto le mie volontà quando resterò attaccato a una macchina o mi alimenteranno in maniera artificiale. È come sto ora. Non era cieca. Poi mi ha detto che l’eutanasia è legale, se volevo ricorrervi. Schifo». Una denuncia divenuta virale. E la sua reazione ha impressionato molti. «Mi sono sentito attaccato e pieno di rabbia», ha poi spiegato, postando una sua foto in versione cadavere con un cartello sul petto: «Morto per mancanza di aiuti del governo».

«Ti aiutano a morire ma non ci sono aiuti per vivere. Se vuoi vivere e non hai denaro l’unica alternativa è la morte», era stato il commento del blogger quando il Parlamento ha dato via libera alla depenalizzazione dell’eutanasia, il 18 marzo. Jordi ha scelto di lottare perché «la vita è un regalo, riesco a godere delle cose semplici e dei momenti grati con i mie cari», spiegando però che la sua assistenza gli costa oltre 6mila euro al mese. «Pago 4 stipendi, 4 assistenti di infermeria perché mi mantengano vivo a casa. Scegliere di morire è gratuito. Scegliere di vivere ha un prezzo. È tremendo».

Soffre di Sla da 7 anni, anche se la diagnosi definitiva è arrivata solo 4 anni fa, dopo il lungo pellegrinaggio fra molti medici e diagnosi erronee. «È stato terribile – ha ricordato –, ho perso di colpo la salute, il lavoro – sono stato costretto a chiudere l’impresa fondata a 23 anni – l’amore. E ho dovuto andare a vivere con mio padre, vedovo e anziano, perché ero già totalmente dipendente. Ero nel panico ma sono riuscito e non affondare e a rifarmi una vita con Lucia, mia moglie. Credo che quando tocchi il fondo c’è una forza che ti fa ritornare su e valorizzare solo le cose positive che la vita ti regala. Questa almeno è la mia esperienza».
Dal fondo, Jordi Sabaté ha trovato la forza per portare avanti la battaglia dei malati di Sla, che in Spagna colpisce 3.700 persone, secondo i dati 2019 della Fondazione Luzón. Diventato il loro volto pubblico, Jordi avanza a nome loro tre richieste molto concrete: maggiori investimenti per la ricerca sulla Sclerosi laterale amiotrofica; aiuti per adattare le abitazioni a ospitare gli ammalati; un’assistenza a domicilio specializzata per le tappe più avanzate della malattia. «Perché negarla – assicura – è un delitto contro la vita».

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