giovedì 9 luglio 2020
Un emendamento al Decreto Rilancio varato all’unanimità alla Camera introduce la «Scuola di specialità» per i laureati in Medicina. L'impegno ad aprire i percorsi accademici dall'anno 2021-22
L'università «scopre» le cure palliative: sì a Scuola di specialità
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Anche in Italia sarà finalmente istituita una Scuola di specialità per formare medici palliativisti. Sono stati necessari 10 anni perché la legge 38 trovasse realizzazione anche nell’aspetto universitario. Una legge all’avanguardia, quella del 2010, che all’articolo 8 parla di formazione del personale medico e sanitario, disponendo che vengano individuati i «criteri generali per la disciplina degli ordinamenti didattici di specifici percorsi formativi in materia di cure palliative e di terapia del dolore connesso alle malattie neoplastiche e a patologie croniche e degenerative» e «per l’istituzione di master» specifici. Ottimi intenti, che però finora erano rimasti sulla carta. Nei giorni scorsi la Commissione Bilancio della Camera dei Deputati ha approvato con voto unanime un emendamento specifico al Decreto Rilancio.

A decorrere dall’anno accademico 2021-22 nascerà quindi la Scuola di specialità in «Medicina e cure palliative» per i laureati in Medicina e chirurgia e sarà introdotto un corso di cure palliative pediatriche nell’ambito degli insegnamenti obbligatori della Scuola di spe- cializzazione in Pediatria. «Dopo tutti questi anni – commenta Italo Penco, presidente della Società italiana di cure palliative – avevamo quasi perso le speranze. Negli ultimi mesi ci siamo trovati molto spesso davanti alla sofferenza estrema, forse il coronavirus ha spronato il Parlamento a decidere. Il Sistema sanitario ha dovuto affrontare una situazione del tutto nuova, con l’accompagnamento alla morte di pazienti costretti alla solitudine e alla lontananza dai propri cari».

Penco ricorda che l’anno scorso si era già fatto un passo in avanti, con l’inserimento di crediti formativi specifici nei corsi di laurea in Medicina: «La decisione di istituire una specializzazione era necessaria da tempo. A oggi gli specialisti in cure palliative sono perlopiù oncologi o internisti formati quasi esclusivamente sul campo. Nel loro percorso di studi non hanno potuto approfondire il tema perché non esistevano crediti formativi. Eppure le cure palliative sono fondamentali dal punto di vista medico, umano e anche economico.

La mortalità intraospedaliera è molto elevata. Con una giusta assistenza domiciliare i pazienti potrebbero invece passare le ultime ore di vita nella loro casa, in un ambiente molto più familiare e meno meccanizzato ». Per la nuova specializzazione si dice soddisfatta anche Marta Loaldi, presidente della Federazione cure palliative: «È stato raggiunto un importante traguardo, frutto di un percorso lungo e faticoso ma altrettanto determinato, da parte dei professionisti e degli enti del terzo settore che hanno contribuito alla nascita e allo sviluppo delle cure palliative in Italia – commenta –. Questo obiettivo è stato conseguito proprio a 10 anni dalla promulgazione della legge 38. L’auspicio è che la scuola di specialità permetta di avere medici con competenze omogenee a livello nazionale, affinché il diritto alle cure palliative sia realmente esigibile».

I futuri specialisti dovranno rispondere a una necessità che – dicono i dati – aumenterà ancora nei prossimi anni, con l’incremento dell’aspettativa di vita della popolazione. Già oggi ogni anno si stima che quasi 600mila persone avrebbero bisogno di cure palliative: di queste il 40% sono malati di cancro e il 60% di altre patologie, soprattutto respiratorie croniche o neurologiche. «Se è essenziale che un’attenzione al tema e un approccio globale alla persona siano diffusi in tutte le discipline mediche – spiega Marco Maltoni, coordinatore della Rete Cure palliative Ausl Romagna –, è importante che vengano formate figure specializzate e a tempo pieno, come avviene in altri Paesi del mondo. Credo che molti giovani possano essere affascinati da questo ambito. Come dimostra l’esperienza, è un settore difficile ma che coinvolge il medico in tutta la sua persona, perché accompagnando il paziente fino alla fine è chiamato a misurarsi costantemente con i grandi temi della vita. È una consapevolezza molto profonda, che matura nel corso degli anni».

Un approccio globale alla persona che non sempre viene riconosciuto in tutto il suo valore. «È un percorso che arriva da lontano – è la riflessione di Augusto Caraceni, direttore della Struttura complessa di Cure palliative della Fondazione Irccs Istituto nazionale dei tumori di Milano –, con la legge Bindi per l’istituzione degli hospice e poi con la legge 38. Oggi con la Scuola di specialità si delinea uno spazio ben definito. L’università a questo punto potrebbe costituire uno specifico settore disciplinare o una struttura equivalente. Saranno fondamentali i decreti attuativi: la formazione deve essere ben distribuita sul territorio nazionale, e la costruzione dell’ordinamento didattico dovrà prevedere un programma adeguato, con docenti che abbiano sviluppato reali e importanti competenze. Anche a livello culturale le cure palliative devono essere considerate alla pari rispetto a tutte le altre discipline».

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