Suor Valeria e Flaminia, escluse dal trapianto, vivono con un cuore artificiale nello zaino

di Marco Birolini, inviato a Bergamo
Le due donne sono state escluse dalla lista d'attesa per l'età. Ma un intervento straordinario dono loro nuova speranza
December 27, 2025
Suor Valeria e Flaminia, escluse dal trapianto, vivono con un cuore artificiale nello zaino
Flaminia Rossi e suor Valeria Pedretti
Dicono che tutti nella vita abbiano un fardello da portare. Nel loro caso, il fardello le aiuta a vivere. Suor Valeria Pedretti, classe 1945, e Flaminia Rossi, classe 1947, operaia in pensione, da 10 anni si portano sempre appresso un piccolo zainetto: dentro c’è un mini computer che comanda e alimenta una pompa posizionata all’interno del torace e collegata al cuore. Senza, non potrebbero andare avanti. Nel 2015, per limiti d’età, non hanno potuto mettersi in lista per il trapianto. La prognosi era di 3, al massimo 6 mesi di vita. E invece, grazie all’intervento cui sono state sottoposte all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, hanno potuto festeggiare un altro Natale. La pompa, che supporta lo sforzo del ventricolo sinistro, riesce a compensare le scarse prestazioni dei loro cuori, garantendo una vita quasi normale. «Riesco a fare praticamente tutto – dice Flaminia Rossi – per il resto c’è mia figlia che mi sta vicino e mi aiuta. Se sono ancora qui è grazie ai medici, eccezionali, e al mio carattere. Sono una testa dura, non mi lamento mai e penso sempre positivo». Un concetto sottolineato con sguardo fermo e pollice alzato. Il cuore “artificiale”, chiamato in termine tecnico Ventricular Assist Device o più brevemente Vad, crea un flusso continuo di sangue dal ventricolo malato, quello sinistro, all’aorta. La pompa è controllata da un piccolo computer, detto controller, e alimentata da due batterie. Controller e batterie sono posizionati all’esterno del corpo e collegati tra loro tramite un cavo che esce dall’addome. «Ringrazio i medici per ogni loro gesto, parola e cura – sottolinea suor Valeria, canossiana – Spero che anche altri possano avere l’aiuto che ho avuto io. E spero – aggiunge sorridendo – che trovino il modo di ridurre il peso dell’impianto…» Attualmente il “fardello” sfiora i 4 chili, ma il futuro è già scritto: la nuova generazione sarà wireless. «I progressi tecnici dei sistemi meccanici che supportano un cuore molto malato negli ultimi anni sono stati straordinari – evidenzia Michele Senni, direttore del Dipartimento cardiovascolare del Papa Giovanni XXIII -. Oggi possiamo contare su dispositivi molto piccoli e performanti. La sfida della ricerca in questo campo è riuscire a fare a meno del cavo e migliorare la biocompatibilità della pompa».
Amedeo Terzi, responsabile del Centro trapianti di cuore dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII, evidenzia come, tutto sommato, le loro giornate trascorrano in relativa leggerezza: «Entrambe hanno una buona qualità della vita e svolgono anche attività non scontate con la loro malattia: Valeria si prende ancora cura con tanta dedizione delle sue consorelle e Flaminia si divide fra faccende di casa e viaggi».
Valeria e Flaminia hanno finora evitato le complicanze più comuni di questi dispositivi, come ictus, emorragie, infezioni e malfunzionamenti del ventricolo destro, quello non supportato dalla pompa. Questione probabilmente di fortuna, ma anche dell’assistenza scrupolosa e costante del team medico che le segue da tanti anni.«La risposta che diamo è sempre calibrata sul bisogno di salute del paziente che abbiamo davanti – osserva Alessandro Amorosi, direttore sanitario dell’Asst Papa Giovanni XXIII –. La ricerca e la tecnologia ci daranno soluzioni sempre più numerose e performanti. Il lavoro dei professionisti della salute sarà sempre più quello di individuare la soluzione più adatta per ogni tipologia di condizione e di paziente, per una medicina sempre più di precisione e “ritagliata” sui reali bisogni della persona».
Al Papa Giovanni XXIII di Bergamo vengono impiantati ogni anno dai 10 ai 12 Vad in pazienti con insufficienza cardiaca terminale, come ponte al trapianto oppure come soluzione definitiva per chi non può entrare in lista d’attesa. «Il nostro Dipartimento cardiovascolare si distingue nel panorama nazionale e non solo per la capacità di dare una risposta a un range molto ampio di pazienti – ha commentato il direttore generale Francesco Locati -. Valeria e Flaminia credo siano l’esempio più concreto dei traguardi che si riescono ad ottenere quando la tecnologia incontra la competenza e la dedizione dei nostri professionisti». Eccellenza sanitaria e forza d’animo probabilmente non basterebbero, però, se attorno a loro non ci fosse una “rete” parentale e sociale che funziona. «L’elemento della relazione è centrale – fa notare Marcella Messina, assessora alle politiche sociali e alla longevità del Comune di Bergamo – perché queste persone non si sentono sole nella sfida che devono affrontare ogni giorno. Il nostro compito è stare accanto a loro».
Le vite di Valeria e Flaminia sono esempi di cura, ma anche fonte di ispirazione. «Si sta per chiudere il Giubileo che ha invitato tutti ad essere pellegrini di speranza – riflette monsignor Giulio Dellavite, portavoce diocesano -. Uno dei simboli caratteristici del pellegrino è proprio lo zaino. Queste storie consegnano a tutti noi uno zainetto di speranza, non come ottimismo buonista natalizio ma come caparbietà ostinata quotidiana, capace di sfidare il peggio».

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