Come funzionavano i finanziamenti per Hamas e chi è l'ideatore
di Redazione
Sequestrati tra i 7 e gli 8 milioni di euro, raccolti da tre associazioni in nome del popolo palestinese e invece diretti ai terroristi attraverso triangolazioni con banche estere. L'inchiesta partita da Genova ha portato a 9 mandati di arresto

Chiedevano soldi per i palestinesi ma li mandavano ad Hamas che li utilizzava per finanziare le operazioni terroristiche contro Israele. Un’accusa inquietante e gravissima che nasce dalle indagini iniziate nei giorni successivi alla strage del 7 ottobre e ha portato all’arresto, ieri, di nove persone (due ricercate forse a Gaza e in Turchia) e messo nel mirino tre associazioni che, secondo la Procura di Genova che ha coordinato l’inchiesta spiegata in un’ordinanza da 306 pagine, avrebbero fornito denaro all’organizzazione terroristica a scopo militare: tra sette e otto milioni di euro, di cui circa due in contanti e gli altri con bonifici e triangolazioni in Paesi esteri. Dati contenuti nei faldoni dell’inchiesta “Domino”, condotta dalle Procure di Genova e Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, Digos con la Direzione Centrale di Polizia di Prevenzione, Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Genova e del Nucleo Speciale della Polizia Valutaria Guardia di Finanza.
Il capo dell’organizzazione sarebbe Mohammed Mahmoud Ahmad Hannoun, 63 anni, di fatto legale rappresentante e amministratore delle tre associazioni coinvolte, la Benefica di Solidarietà col Popolo Palestinese, La Cupola d'Oro e La Palma. L’uomo è stato fermato a Genova dove vive a Bolzaneto, periferia Nord occidentale della città e che al momento dell’arresto ha chiesto se sarebbe stato consegnato ad Israele. Quindi Ra'Ed Hussny Mousa Dawoud, 51 anni, referente della cellula italiana e dipendente della filiale milanese di una delle associazioni. L’elenco prosegue con Raed Al Salahat, referente per Firenze e Toscana, del board della European Palestinians Conference. La lista va avanti con Yaser Elasaly, di Milano; Jaber Abdelrahim Riyad Albustanji, 60nne promotore di raccolta fondi e del quale ci sono immagini in divisa e armi dell'ala militare di Hamas. Osama Alidawi è invece co-fondatore di una delle associazioni a Genova; Adel Ibrahim Salameh Abu Rawwa è referente per il Nord-Est d'Italia, già Ministro dei Trasporti del Governo a Gaza, presidente del Blocco Islamico dell’Unione Ingegneri. Quindi Khalil Abu Deiah, legale rappresentante di La Cupola d'Oro, custode della filiale di Milano e Mohammed Ismail Saleh Abdu, 35 anni, domiciliato in Turchia. Costoro, in quella definita «attuale fase delle indagini preliminari» da una nota della Procura di Genova, sono accusati di fare parte e avere finanziato «Movimento della resistenza islamica» che ha il proposito di gesti terroristici soprattutto contro Israele ed indicato come organizzazione terroristica dall’Unione Europea. A questa, oltre alla terribile vicenda del 7 ottobre con 1.200 morti e 2.200 ostaggi, vengono ricondotti attentati vari che hanno causato 484 morti e 3.305 feriti, molti dei quali civili. Per gli investigatori i finanziamenti in odore di terrorismo sarebbero avvenuti tramite le organizzazioni citate facendoli passare come aiuti al popolo palestinese mentre sarebbero stati aiuti ad attività militari. E proprio gli aiuti a familiari di persone coinvolte in attentati o parenti di detenuti per terrorismo avrebbero indotto molti ad abbracciare terrorismo e criminalità anche attraverso attentati suicidi. Finalità criminali che avrebbero incassato fino ad oltre il 71% dei fondi togliendoli invece allo scopo dichiarato di aiuti umanitari per Gaza.
A far scattare le indagini sono state operazioni finanziarie sospette e proseguite con intercettazioni telefoniche, monitoraggi di flussi di denaro destinati al finanziamento, acquisizione, tramite operazioni sotto copertura, di documenti e messaggi nel server di Abspp. poi trasmessi ufficialmente allo Stato di Israele. L’inchiesta si è avvalsa pure di collaborazione di varie Procure estere, tra cui la turca, mentre gli arresti in Italia sono stati operati a Genova, Modena, Firenze, Monza. Il comunicato di Procura di Genova e Dnaa non dimentica la situazione sul campo e rileva che «indagini e fatti emersi non possono in alcun modo togliere rilievo ai crimini commessi ai danni della popolazione palestinese successivamente al 7 ottobre dal Governo di Israele. Né tali crimini possono giustificare gli atti di terrorismo di Hamas né costituirne attenuante».
Per Noemi Di Segni, presidente Unione Comunità Ebraiche Italiane, «le indagini gettano luce di verità sui finanziamenti facendo leva sui sentimenti di pietà e prontezza ad aiutare il popolo palestinese, usando strumenti e spazi che l'ordinamento costituzionale italiano riserva a valori alti, invece abilmente abusati. Siamo grati alle forze dell’ordine e alla magistratura per il loro instancabile impegno», conclude Di Segni.
CHI È HANNOUN, IL CAPO DELLA CELLULA ITALIANA
Sapeva di avere il fiato sul collo degli investigatori. Mai così insidiosi. E sembrava consapevole che stavolta sarebbe stato difficile evitare conseguenze serie. Ecco perché stava per lasciare l’Italia. Del resto, troppe volte il nome di Mohammad Hannoun viene accostato a indagini delicate. A partire dal 1991, quando i Servizi iniziano a “familiarizzare” con i movimenti e le attività di Hannoun, all’epoca neanche 30enne ma già accreditato dalla nostra Intelligence di essere il coordinatore di una cellula di Hamas operante nel Centro islamico genovese. Dieci anni dopo, nel corso di una perquisizione a suo carico, vengono rinvenuti documenti del gruppo terroristico che l’uomo, scrivono gli inquirenti, «aveva dichiarato di aver reperito proprio nel Centro islamico genovese». Su quest’ultimo, e sulla rete di finanziamenti, si indaga dal 2003 al 2010: emerge un quadro indiziario rilevante, a detta degli inquirenti, sulla operatività della cellula genovese di Hamas. Ma tutto il lavoro di indagine serve a poco. Il tribunale di Genova archivia.

Da quel 1991, il giordano-palestinese Mohammad Hannoun (cittadinanza giordana), oggi 63enne, di professione architetto, in Italia da 40 anni con domicilio genovese - arrestato ieri per «avere finanziato l’associazione terroristica Hamas», della quale è ritenuto membro del comparto estero e al vertice della cellula italiana - è un attivista instancabile. Fonda nel 1994 l’“Associazione benefica di solidarietà con il popolo palestinese” (Abspp), descritta dalla Digos e dalla Guardia di Finanza come un importante strumento (ma non il solo) per raccogliere fondi per Hamas. Nel frattempo, scrive il gip di Genova, Silvia Carpanini, nelle 306 pagine con le quali accoglie la richiesta dei pm di arrestare Hannoun e altri otto indagati, il presidente dell’Abspp organizza «congressi in cui venivano invitate personalità di spicco del mondo islamico i cui interventi esaltavano la strategia del terrore».
Dunque su Mohammad Hannoun, anche per via di una serie di Segnalazioni di operazioni sospette (Sos) arrivate alla Dna di Roma e trasmesse a Genova, pm e forze dell’ordine lavorano ben prima del 7 ottobre 2023 (data dell’attacco di Hamas a Israele), come riferisce il procuratore capo di Genova Nicola Piacente. Ma quell’anno resta centrale. Perché è nel 2023 che il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti inserisce Hannoun e la sua Abspp nella black list dei finanziatori del terrorismo. Lui si sente braccato ma subito dopo il 7 ottobre 2023 partecipa pubblicamente ad una lunga serie di manifestazioni di solidarietà con il popolo di Gaza, ed è molto attivo a favore della Sumud Flotilla, partita in parte da Genova. La sua adesione agli eventi è spesso contestata per i sospetti di complicità con Hamas. Il 15 novembre 2024, la questura di Milano emette nei suoi confronti un foglio di via per istigazione all'odio e alla violenza: in un comizio, Hannoun elogia i giovani che ad Amsterdam aggrediscono i tifosi israeliani del Maccabi, che avrebbero insultato gli arabi. Le polemiche politiche divampano. E tornano, violente, a ottobre di quest’anno, quando il 63enne riceve un altro foglio di via per aver giustificato le uccisioni da parte di Hamas di presunti collaborazionisti: «Dopo la tregua – dice –, la resistenza palestinese, che ha pagato con il sangue, ha fatto giustizia, come in tutte le rivoluzioni del mondo». E pochi mesi prima commenta: «È una bufala che io sia un leader di Hamas. Sono un palestinese impegnato da decenni nella lotta per i diritti del suo popolo. Hamas ha avuto più del 70% dei voti a Gaza e in Cisgiordania, quindi è un legittimo rappresentante del popolo palestinese. E io sono simpatizzante di Hamas come lo sono di ogni fazione che lotta per i miei diritti». A proposito di polemiche. Le dichiarazioni dell’avvocato di Hannoun, Dario Rossi, non buttano certo acqua sul fuoco: «C'è una chiara volontà di metterlo a tacere – afferma –, perché ha una grande capacità politica ed è andato più volte in Palestina con numerosi esponenti della politica italiana del centrosinistra. Ci chiedevamo quando sarebbe successo».
Sta di fatto che per i pm genovesi sussisteva un «concreto e attualissimo pericolo di fuga, avendo egli da tempo manifestato il progetto di trasferirsi in Turchia e di aprire lì un ufficio». Era quasi fatta: la partenza per Istanbul, informa il gip, era in programma ieri. Digos e Finanza sono arrivati prima.
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