martedì 18 giugno 2019
La Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di costituzionalità sollevata dai Tribunali di Bolzano e Pordenone sul caso di due coppie di donne che chiedevano l'accesso all'eterologa
La sede della Corte costituzionale a Roma (Ansa)

La sede della Corte costituzionale a Roma (Ansa)

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La norma che vieta la fecondazione assistita alle coppie dello stesso sesso non è illegittima e non viola alcun principio costituzionale. La legge 40, insomma, dopo essere stata rimaneggiata da più sentenze, su questo importante punto resta salda. Lo ha stabilito la Corte costituzionale, che oggi si è riunita in camera di consiglio per discutere le questioni di costituzionalità sollevate dai tribunali di Pordenone e di Bolzano.

In attesa del deposito della sentenza, la Corte ha fatto sapere in serata che le questioni sono state dichiarate non fondate: per accedere alla provetta resta dunque necessaria la presenza di un aspirante padre e una aspirante madre. In mattinata era stata l’Avvocatura dello Stato a difendere la legge davanti ai giudici della Consulta. «Non condivido la tesi per cui esiste un diritto alla genitorialità in assoluto. L’unico faro sancito dalla giurisprudenza è l’interesse supremo del minore – è la posizione del viceavvocato generale dello Stato Gabriella Palmieri, espresso in rappresentanza della presidenza del Consiglio –. Non è corretta una prospettiva adultocentrica, non ci sono diritti dei genitori verso i figli, ma piuttosto doveri». Inoltre il «bilanciamento dei diversi diritti» spetta al «legislatore nello snodo democratico del sistema», ha spiegato Palmieri, secondo la quale «non tutto ciò che è consentito dalla scienza e dalla tecnica diventa un diritto».

La questione di legittimità costituzionale era stata sollevata dai tribunali di Pordenone e Bolzano durante le cause intentate da due coppie di donne, unite civilmente, che chiedevano di poter fare ricorso alla fecondazione assistita eterologa ma si sono viste respingere la domanda dalle rispettive Asl a norma di legge 40. L’avvocata di una delle due coppie, Maria Antonia Pili, davanti alla Corte costituzionale ha sostenuto che il divieto per le coppie dello stesso sesso è «illegittimo e discriminatorio» perché costringe ad «andare per forza all’estero». Di divieto «irragionevole, privo di razionalità» ha parlato anche l’avvocato Alexander Schuster, che assiste la seconda coppia. «Sono molteplici i principi costituzionali e internazionali violati dalla legge 40 – ha osservato il legale – che non consente a due donne affette da patologie di formare una famiglia». Argomentazioni tuttavia bocciate dalla Corte.

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