sabato 28 luglio 2012
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​Alla fine, dopo tante proteste e indignazioni, dopo l’accusa di ingerenze indebite nella politica della città e persino di discriminazione religiosa, nel dibattito-fiume di Palazzo Marino il rischio poligamia «è stato preso in considerazione, eccome». Sorride, Mattia Ferrero, il vicepresidente dell’Unione giuristi cattolici di Milano sulle cui perplessità (e provocazioni) s’è scagliato lo sdegno dei sostenitori del registro milanese delle unioni civili.Lei è stato molto criticato, ma alla fine nel testo approvato in Comune il termine «insieme di persone unite da vincoli affettivi» è stato sostituito da «due persone maggiorenni»...Una precisazione che mi ha divertito: evidentemente il rischio che avevo paventato – quello che con la dicitura generica «insieme di persone» si finisse per offrire diritti anche ai poligami – non era così fuori luogo. In ogni caso credo la correzione ben dimostri lo spirito di questa iniziativa della giunta Pisapia, che non era affatto – come avvenuto in altri Comuni dove sono nati registri analoghi – dare più diritti alle convivenze, ma alle coppie, e in particolare alle coppie omosessuali visto che quelle eterosessuali possono tranquillamente ottenerli sposandosi civilmente.Mi scusi, ma convivenze e coppie non sono la stessa cosa?Nient’affatto. Esistono diverse forme di convivenza, come per esempio quelle dovute a motivi di assistenza. In questo caso tra due persone non esistono per forza vincoli affettivi: ciò non significa tuttavia – in una logica di allargamento dei diritti – che queste persone siano meno meritevoli di attenzione.Un altro passaggio del testo che fa discutere è quello sulla cancellazione dell’unione dal registro: può avvenire unilateralmente, poi sarà il Comune a comunicarla all’altro partner.Non mi stupisce. Anzi, conferma quello che avevo previsto sin dall’inizio: cioè che a fronte di un allargamento di diritti non si assistesse a un analogo allargamento di doveri. Le unioni civili – e le istituzioni che le legittimano – finiscono in questo modo per non offrire nessuna tutela al partner più debole. Che può vedersi comunicare d’ufficio la fine della sua unione, vale a dire la fine dei suoi tanto agognati quanto precari diritti. Ed eccolo, il nodo e l’illusione della “conquista” milanese: l’offerta di diritti temporanei. D’altra parte che stabilità e garanzie può offrire un’unione il cui valore viene meno semplicemente nel momento in cui uno dei due decide di andarsene di casa? Perché – ricordiamolo – la coabitazione rimane la più che mai aleatoria “conditio sine qua non” di queste unioni. E pensare che qualcuno si era scandalizzato per i discorsi sulla poligamia...
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