giovedì 27 novembre 2014
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L’obiettivo dichiarato è di «assicurare l’autosufficienza della Francia nel dono di gameti». Per questo, l’Agenzia di Biomedicina, organismo pubblico transalpino ufficialmente indipendente ma legato al Ministero della Sanità, ha appena lanciato una campagna pubblicitaria su Internet e su alcuni grandi quotidiani per convincere potenziali donatrici e donatori per la fecondazione eterologa. «I regali più belli non sono necessariamente i più grossi», recita lo slogan principale. I francesi sono così invitati a diventare «donatori di gioia». Sul fronte maschile, i donatori erano ufficialmente 300 nel 2010, ma sono scesi a 235 nel 2012. Lo stesso anno le donatrici erano 422, ovvero meno della metà rispetto alle corrispondenti richieste di gameti. In Francia, vige il principio della donazione anonima e gratuita, considerata finora come un argine indispensabile per evitare la mercificazione dei gameti. Ma in proposito, sottolineando l’urgenza di rispondere alle richieste, la Federazione dei ginecologi si è recentemente schierata a favore di un’indennità compensativa per le donatrici simile a quella di circa 900 euro in vigore in Spagna. Occorre maggiore pragmatismo, sostengono coloro che enfatizzano il versante tecnico della questione, proprio mentre altre voci denunciano il tecnicismo dilagante in campo bioetico. In ogni caso, l’inedita campagna pubblicitaria dell’Agenzia ha inevitabilmente rilanciato il dibattito sulle ragioni profonde della diffidenza sempre meno nascosta di tanti francesi nei confronti delle istituzioni pubbliche specializzate nelle questioni bioetiche. Al punto che l’insufficiente donazione di gameti viene parzialmente ricondotta anche a questo clima generale.

Nelle sue modalità, la donazione di gameti risponde ufficialmente ad accorgimenti di stampo umanistico. Ma non si può dire lo stesso per altri ambiti bioetici vicini, come la ricerca sugli embrioni, anch’essa di competenza dell’Agenzia di Biomedicina. In proposito, è stato proprio l’organismo a ridurre per anni il divieto formale di ricerca sugli embrioni a una posizione politica e "umanistica" di facciata, attraverso frequenti "deroghe" concesse ai ricercatori. Una situazione che ha spinto tutte le associazioni in difesa della vita a denunciare la sostanziale "ipocrisia" del sistema. A queste ombre, si sono poi aggiunti negli ultimi anni gli scandali sanitari legati ad esempio alle pillole contraccettive di ultima generazione, prescritte su grande scala e in modo sconsiderato anche a donne con seri rischi d’effetti collaterali. Secondo questa posizione, sarebbe sempre più difficile per l’Agenzia e per altri attori pblici simili perorare la nobile "cultura del dono", la "cultura della vita" e gli alti "valori umanistici" in una Francia sempre più consapevole delle storture o zone d’ombra recenti proprio nella sfera bioetica, di continuo insidiata da preconcetti ideologici o da tentazioni mercantilistiche.

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