giovedì 28 febbraio 2019
Dal letargo degli animali alla possibile ibernazione degli esseri umani, allo scopo di rendere praticabili lunghi viaggi spaziali. Ma con ricadute mediche importanti. Gli studi di Matteo Cerri
Ibernati e contenti viaggiando nel futuro. Ma il freddo può anche curare
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C’è un fenomeno naturale che accomuna i più idilliaci cartoni animati e i più enigmatici film di fantascienza: si tratta del letargo, se riferito agli animali, o dell’ibernazione, se riferito agli esseri umani. L’allegro scoiattolo che se ne va tranquillo nella sua tana invernale (non senza ghiande, che però non mangerà) ci fa sorridere di tenerezza. L’essere umano che, invece, entra in una capsula tecnologica per viaggi spaziali o per essere conservato in attesa di cure ci inquieta per i possibili esiti imprevedibili. Ciò che rientra nel normale corso della natura per alcune specie è in realtà un processo di difficile decifrazione scientifica: comprenderlo a fondo potrebbe darci la possibilità di compiere esplorazioni galattiche, ma anche, più semplicemente, di fare avanzare la ricerca medica.

A questo compito si dedica da tempo Matteo Cerri – ricercatore di Fisiologia al Dipartimento di Scienze biomediche dell’Università di Bologna e membro del Topical Team Hibernation dell’Agenzia spaziale europea – che ha sintetizzato la conoscenza sul tema a oggi disponibile in un interessante e infor- mativo volume: A mente fredda. L’ibernazione dal mondo animale all’esplorazione spaziale ( Zanichelli, pp.192, euro 11,90). Alcune precisazioni bastano a dare l’idea della complessità del fenomeno. Si può infatti distinguere tra torpore (condizione in cui il metabolismo corporeo – il consumo di energia – si riduce quasi a zero per ore o pochi giorni, restando però le funzioni vitali debolmente attive), ibernazione (lunghi episodi di torpore intervallati da episodici risvegli – durante i quali, paradossalmente, gli animali dormono un sonno tradizionale) ed estivazione (quando gli episodi di torpore avvengono, a differenza del solito, a temperature esterne miti). Attenzione: cosa ben diversa è la crioconservazione (in frigoriferi a 200 gradi), che va bene per i tessuti biologici ma è incompatibile con la vita di un organismo. Tuttavia in letargo non si va comandando consapevolmente i propri processi organici. E fino a poco tempo fa nessuno aveva mai pensato che valesse la pena studiare come ciò accada negli animali.

L’interesse è stato ora accesso dall’idea che forse anche noi potremmo essere ibernati senza danni (già a 28 gradi il corpo umano rischia la sopravvivenza, la temperatura normale sta tra 35 e 37 gradi). Oggi si prova a indurre uno stato di torpore simile a quello naturale in specie che non sono in grado di raggiungerlo spontaneamente. Se si riuscisse a impedire che il corpo umano 'si opponga' strenuamente all’abbassamento della temperatura potremmo sfruttare maggiormente l’ipotermia terapeutica dopo infarti e ictus (oggi non si scende oltre i 34 gradi). E anche per cure radioterapiche più radicali contro il tumore, dato che le cellule sane raffreddate subirebbero meno danni. Inoltre, come ci insegna la fantascienza, viaggiatori 'in letargo' potrebbero compiere lunghe esplorazioni spaziali oggi impossibili. Avremo un farmaco che provochi negli esseri umani il torpore sintetico e gli strumenti tecnologici per assicurare le funzioni vitali? L’interrogativo, spiega Cerri, sarà al centro di un grande sforzo scientifico nei prossimi decenni. Vale quindi la pena esserne consapevoli grazie all’affascinante tour scientifico offerto dal libro.

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