martedì 10 febbraio 2015
Il tribunale di Bologna ha autorizzato l'impianto nel grembo della madre di embrioni congelati 19 anni fa e con il padre morto nel 2011. Un caso di applicazione della legge 40. (Francesco Ognibene)
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Gli embrioni erano stati concepiti in provetta 19 anni fa, poi vennero congelati (si era ancora ben lontani dalla legge 40 che solo nel 2004 intervenne a sancire l’obbligo di impianto, poi reso meno vincolante nel 2009 dalla Corte Costituzionale) in attesa di un futuro impianto nel grembo della madre. Che però non arrivò mai. Purtroppo nel 2011 morì il marito, e quattro anni dopo la moglie – ferrarese, oggi 50enne – è riuscita a ottenere dal tribunale civile di Bologna il ribaltamento della sentenza di primo grado con la quale veniva rigettata la sua richiesta di ottenere l’impianto degli embrioni dopo la morte del marito. I giudici hanno infatti applicato la legge 40 che all’articolo 5 dispone che «possono accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi»: col marito ancora vivente, la coppia infatti ottenne l’accesso alla maternità in provetta, e gli embrioni creati allora possono essere impiantati senza violare la norma che – anzi – ne esce confermata. Così come ribadito dall’impianto in utero è il fatto che l’embrione concepito in provetta sia vita umana e il suo destino non è restare indefinitamente nel limbo del congelamento sotto azoto liquido ma dare luogo a una gravidanza e nascere. Dunque i giudici hanno consentito che ogni embrione avesse la propria chance di potersi evolvere e dar luogo a un bambino. Se è difficile immaginare la vitalità degli embrioni scongelati dopo così tanto tempo (in letteratura scientifica sono documentati casi di bambini nati da embrioni rimasti nei freezer fino a 17 anni) e con una madre certo non più giovane, resta l’ombra di uno o più bambini che potrebbero nascere orfani di padre prima ancora dell’inizio della gravidanza. Ma la fecondazione artificiale ci ha abituati purtroppo a un’alterazione della genitorialità della quale l’episodio di Bologna costituisce solo uno dei tanti episodi, e certo non il più anomalo.

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