lunedì 4 agosto 2014
​Il governo ipotizza la cittadinanza al bambino Down abbandonato dai genitori "committenti". La gara di solidarietà | La storia | UTERO IN AFFITTO - DOSSIER
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Dopo essere stata prova vivente del mercato delle pance, esempio di selezione della razza sana, oggetto di solidarietà globale, la storia di Gammy – neonato abbandonato alla madre surrogata thailandese perché Down dalla coppia australiana che lo aveva "ordinato" – si è trasformata da ieri in una battaglia legale, con tracce di caccia mediatica al mostro. Col rischio di perdere di vista la vergognosa realtà che smaschera.Gammy ha una malformazione al cuore che necessita un costoso intervento chirurgico, ma la madre, la 21enne Pattharamon Janbua, e suo marito non possono permetterselo. Mentre il neonato era ricoverato a Bangkok per una grave infezione polmonare (dalla quale starebbe guarendo, dopo essere stato trasferito in un’altra struttura) il racconto di Janbua ha acceso un’ondata di solidarietà internazionale. In pochi giorni la campagna online «Hope for Gammy» ha raccolto oltre 210mila dollari. Sui social network si sono però moltiplicati anche gli attacchi e gli insulti ai genitori biologici, che hanno preferito accogliere soltanto la gemella nata sana. Secondo quanto riferito alla stampa da Pattharamon, il padre biologico sarebbe arrivato in ospedale subito dopo il parto, avrebbe visto entrambi i figli e avrebbe scelto di portare a casa solo la femmina («I due neonati erano in culle vicine, a Gammy lui non dava nemmeno il latte», ha raccontato, anche se nessun  medico è stato in grado di confermare la sua versione). L’uomo australiano, un cinquantenne che ha parlato con l’emittente americana Abc senza fornire informazioni sulla sua identità, ieri ha spiegato che il medico gli aveva parlato unicamente di una figlia. Messa al corrente di questa versione dei fatti, la donna che ha partorito i gemelli ha minacciato azioni legali. Nel frattempo, il governo di Canberra sta valutando l’idea di di dare la cittadinanza a Gammy visto che è figlio biologico di australiani.La coppia committente sta facendo di tutto per restare anonima, anche per evitare il linciaggio su scala mondiale (inseguita dai media, una coppia che sei mesi fa ha avuto una bambina da una surrogata thailandese smentisce che si tratti della stessa donna), ma sul loro passato si scava con attenzione morbosa. I nomi, così come la cifra ricevuta dalla gestante (fra i 9mila e i 16mila dollari), sono però dettagli marginali della storia, così come la responsabilità dell’agenzia, difficile da appurare pienamente. A contare è anzitutto il fatto che un bambino bellissimo è stato rifiutato perché imperfetto da due genitori benestanti, e abbandonato – malato – nell’indigenza a una madre a pagamento, che ora tenta eroicamente di affrontare la situazione. Questa storia racconta dove arriva la possibilità di farsi fare un figlio, come i bambini siano oggetti, come la sindrome di Down sia considerata un difetto che fa meritare la soppressione, come le donne povere siano disposte ad affittare il proprio corpo senza realizzare quale sarà il prezzo che dovranno pagare. Per questo Gammy e la sua vicenda spingono a fare i conti con fenomeni planetari e con domande inevase. Oggi ci sarebbero altri 400 bambini bloccati in Thailandia in attesa di documenti per l’Australia: un numero che, portato a galla da questa storia, imbarazza ancor di più il governo australiano al punto da far annunciare una imminente modifica alla legge in materia e far chiedere di portare Gammy in Australia almeno per curarlo. Ogni anno in Cina mille bambini nascono dal mercato nero dell’utero in affitto, oltre 1.500 in quello legale degli Stati Uniti, 2.000 (solo stranieri) in quello indiano. Tutti sono prodotti a pagamento altamente selezionati comprati da facoltose coppie etero o gay e fabbricati nei corpi sfruttati di donne solitamente povere e ignoranti. Fra loro, probabilmente, ci sono ogni anno centinaia di Gammy.

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