venerdì 23 maggio 2014

​Il segretario della Cei rilancia la sfida dell'educazione nel complesso mondo dell'amore e della sessualità. (Pino Ciociola)
Il testo dell'intervento

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Dritto al cuore delle sfide: «Abitiamo il complesso mondo nel quale viviamo senza farci spaventare, ma nemmeno ingaggiando battaglie di retroguardia», ha detto monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei (e vescovo di Cassano allo Jonio), aprendo venerdì pomeriggio i lavori del convegno di "Scienza & Vita" su amore e sessualità al Centro congressi di Tv2000. E «il contributo che possiamo dare, come credenti nell’esercizio del pensiero – ha proseguito il vescovo – consiste nell’interpretazione di quale sia oggi il bene dell’uomo e di cosa esiga la sua dignità». «Siamo qui a raccogliere con passione e convinzione anche su questo fronte la sfida educativa», proponendo «un orizzonte di senso convincente», impegno che «come Chiesa italiana ci siamo assunti per il decennio in corso, convinti di avere, per grazia innanzitutto, una parola autorevole e affascinante da spendere, in controtendenza certo con la cultura dominante». Che finisce «col lasciare le persone a tu per tu con i loro problemi e le loro solitudini». Monsignor Galantino indica una strada da percorrere per «superare» sia «il grande progetto di decentramento della persona messo in atto dalle scienze umane», sia «la perdita di fondamento che caratterizza gran parte delle antropologie contemporanee», in modo da «riguadagnare in maniera radicale una concezione unitaria dell’uomo».  Quella via maestra si segue attraverso cinque atti che «possono aver solo l’uomo come protagonista». Il primo è «l’"uscire da sé", come capacità di spodestarsi e decentrarsi per proporsi agli altri», li elenca il vescovo. C’è poi «il "comprendere", come atteggiamento di chi smette di considerare se stesso o il suo pensiero come unico punto di partenza per integrarsi con l’altro» e che tuttavia «non è perdita d’identità». C’è «l’"assumere su di sé" il destino, la gioia, la sofferenza altrui». C’è ancora «il "dare", come espressione di gratuità e riscatto da uno stile di vita calcolante». E c’è infine – conclude monsignor Nunzio Galantino – «l’"essere fedele" non inteso come meccanicamente ripetitivo, quanto come l’atteggiamento di chi assicura continuità creativa ai propri gesti e ai propri rapporti».
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