venerdì 18 luglio 2014
Sfiora le 5.000 sottoscrizioni l'appello lanciato il 14 luglio da una sessantina di intellettuali e politici francesi, soprattutto di sinistra, contro l'utero in affitto.
IL TESTO INTEGRALE DELLA LETTERA APERTA
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Eadesso il socialista François Hollande potrà eludere l’appuntamento con i francesi per un chiarimento sul nodo delicatissimo del paventato subdolo sbarco, in Francia e in Europa, dell’“utero in affitto”? Pubblicata nei giorni scorsi sul sito internet Avaaz e poi sulle colonne del quotidiano di sinistra Libération, la petizione sulla maternità surrogata riprodotta qui accanto, così limpida nel chiedere al capo dell’Eliseo di uscire allo scoperto, suona già come uno spartiacque morale in campo bioetico per la sinistra francese, dato che in cima ai firmatari del testo figurano, nientemeno, Jacques Delors e Lionel Jospin. Il primo, oggi quasi novantenne, celebre in tutt’Europa come brillante ex presidente della Commissione Ue e autore del “gran rifiuto” del 1995, quando era in testa nei sondaggi sui potenziali candidati socialisti per l’Eliseo, è stato pure uno dei maestri in politica di Hollande, che un tempo veniva annoverato dalla stampa fra gli “apostoli di Delors”. Jospin, ex premier ed ex candidato all’Eliseo, fa parte a sua volta del ristrettissimo cenacolo delle coscienze morali della gauche, anche per il prestigio di cui continua a godere come intellettuale. Dietro questi pezzi da novanta, la petizione reca in calce un parterre de rois intellettuale e scientifico. Personalità come Sylviane Agacinski, femminista e pensatrice doc della sinistra, che definisce da anni la maternità surrogata come “disumana”, “alienante”, “indecente”, “barbara”. O il guru della gauche rurale, l’ex sindacalista agricolo José Bové, oggi eurodeputato verde. E i due padri scientifici del primo bebé in provetta d’Oltralpe, il biologo Jacques Testart e l’ostetrico René Frydman. O ancora le note scrittrici Christine Angot ed Eliette Abécassis. A livello politico, spicca il deputato Alain Claeys, membro del Comitato consultivo nazionale d’etica e coordinatore dell’attuale commissione sulla bioetica voluta dallo stesso Hollande. Numerosi sono pure i pediatri e pedo-psichiatri di fama, accanto a giuristi e ad esponenti del mondo associativo, come il cattolico Jérôme Vignon, presidente delle Settimane sociali di Francia. E non si possono dimenticare le associazioni che hanno aderito in toto, come il noto movimento femminista di banlieue “Ni putes ni soumises”. La scintilla che ha provocato questa reazione collettiva, ben poco diplomatica nella sostanza, al di là delle consuete formule di cortesia di rigore, è stata l’ultima clamorosa decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo sulla questione del riconoscimento civile in Francia dei bambini nati a seguito di un contratto di maternità surrogata stipulato all’estero, ad esempio in India o negli Stati Uniti, da coppie o single francesi. Ma al di là del movente specifico, la petizione esprime pure in modo lampante una linea di faglia culturale che continua ad attraversare la gauche transalpina. Sulla maternità surrogata e su altre questioni vicine come il diritto d’adozione per le coppie omosessuali, il dibattito bioetico ha rivelato negli ultimi anni un conflitto intestino fra una sinistra che si rivendica come radicalmente egualitarista e una sinistra che non vuole invece svendere i portati della tradizione umanistica, siano essi d’ispirazione cristiana o laica. Delle quattro gauche novecentesche ancor oggi ben vive e analizzate di recente dallo storico Jacques Julliard – la “liberale”, la “giacobina”, la “collettivista”, la “libertaria” –, quest’ultima ha tentato di spiccare il volo negli ultimi anni anche in Francia, accusando le altre di anacronismo e richiamandosi all’esperienza zapaterista spagnola. L’influenza crescente di questa frangia d’ispirazione post-sessantottina ha certamente pesato pure sul “moderato” Hollande, come ha mostrato il lacerante braccio di ferro dell’anno scorso sulle nozze e adozioni gay, che ha innescato i cortei chilometrici della “Manif pour tous”, spaccando pure la sinistra. In effetti, alcune correnti del Partito socialista come i “Poissons roses” erano scese in strada accanto al mondo cattolico per lanciare un sonoro avvertimento: l’ideologia libertaria e l’egualitarismo più cieco possono bruciare i capisaldi comuni della nostra civiltà e la sinistra finirà prima o poi per pagare il conto. Nella foga della battaglia, con la complicità di tanti media pronti a rinunciare provvisoriamente al ruolo di arene pluraliste, quegli avvertimenti erano rimasti in sordina. Ma sullo sfondo dell’impopolarità da record dell’esecutivo socialista francese, attribuito dagli esperti anche all’oltranzismo libertario dell’anno scorso, le coscienze morali della gauche sentono evidentemente adesso che non è più possibile tacere di fronte ai rischi ben concreti legati alla maternità surrogata, formalmente vietata in Francia, ma pronta fattualmente ad entrare dalla finestra attraverso il riconoscimento nei registri di stato civile dei bambini nati all’estero. Nel secolo scorso, la filosofia personalista aveva rappresentato uno stimolante terreno d’incontro fra intellettuali cattolici e ambienti moderati della gauche. E in proposito, la parola “persona” sta pure al centro della petizione appena impugnata al cospetto dell’Eliseo. Come se il peso di tante dimenticanze recenti e dei reiterati tentativi maldestri d’ignorare le ancore più salde divenisse ormai insostenibile anche negli ambienti più laici di Francia.
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