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Una manifestazione della Casa dei Risvegli per la Giornata degli Stati vegetativi. Al centro, Fulvio De Nigris, a sinistra Alessandro Bergonzoni, testimonial della "Casa"
Si può avere una vita piena convivendo con la malattia? Nella nostra società il dibattito sul fine vita e l’autodeterminazione ha assunto un ruolo centrale, mentre si presta meno attenzione a chi affronta la malattia nella sua persistenza, insieme ai familiari che condividono le conseguenze di questa condizione.
*Il focus spesso è sulla ricerca di una cura o sulla gestione del dolore fisico, ma un aspetto cruciale è la qualità della vita di chi convive con una patologia cronica o degenerativa e il ruolo della società nel supportarli.
Secondo i dati Istat, in Italia sono oltre 3 milioni le persone con disabilità, e se la legge delega che li riguarda era stata accolta con molta soddisfazione dalle associazioni e gli enti del terzo settore di riferimento, il suo recente rinvio al 2026 ( si è detto «per testare e perfezionare le nuove misure prima della loro applicazione su scala nazionale») ha provocato non poche preoccupazioni.
Di questo si parla poco. Anzi, non se ne parla affatto. E invece è il nodo centrale del diritto alla cura e della dignità della persona nella vita che convive con la malattia. Di questo noi ci occupiamo tutti i giorni: per noi riguarda le persone con esiti di coma, ma il mio sguardo in qualità di membro dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità si amplia a tutto il mondo della disabilità.
La gestione della malattia si trasforma in una sfida quotidiana che coinvolge l’intero nucleo familiare, richiedendo forza, resilienza e un adattamento costante alle nuove esigenze. La mancanza di adeguati supporti, sia economici che psicologici, rende ancora più difficile affrontare la convivenza con la malattia, aumentando il rischio di isolamento e di disagio psicologico sia per la persona con disabilità che per chi l’assiste.
Spetta alla società e alle istituzioni garantire una vita piena a chi convive con la malattia. Essa non è un’interruzione della vita ma parte integrante dell’esistenza. Serve ripensare le strutture sanitarie, i servizi sociali e le politiche di inclusione per favorire la partecipazione attiva, garantendo cure adeguate, opportunità lavorative flessibili, spazi di socializzazione e supporto psicologico per una dignitosa qualità della vita.
Dobbiamo anche cambiare la narrazione mediatica della malattia. Non esistono “guerrieri” o “eroi”, ma persone che, senza retorica, vittimismo o compassione, chiedono di non essere lasciate sole, di vivere con dignità, equilibrio e rispetto. E anche di morire bene.
Il progetto di vita può essere sempre pieno, ma serve un cambiamento culturale che ponga al centro ascolto, supporto e inclusione. Una società che si concentra solo sul fine vita e trascura chi affronta ogni giorno la malattia rischia di lasciare indietro una parte fondamentale dei suoi membri.
La persona non è la sua malattia: la vera sfida è costruire un sistema che permetta a tutti di vivere con dignità, indipendentemente dalla loro condizione di salute.
*Presidente Gli amici di Luca Casa dei Risvegli Luca De Nigris