mercoledì 10 settembre 2014
Carte in tavola: dopo la proposta del Ncd arriva anche quella trasversale Pd-Per l’Italia per regolamentare la materia al giusto livello.
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Sulla fecondazione eterologa il Parlamento riprende l’iniziativa e ritrova la voce. Dopo una settimana di protagonismo esclusivo delle Regioni – cinque delle quali hanno già varato proprie delibere per autorizzare i centri di fecondazione assistita a procedere (Toscana, Marche, Liguria, Emilia Romagna e Veneto, mentre Lombardia e Piemonte si accingono a decidere) – sono stati depositati alla Camera i primi due disegni di legge per stendere una rete di regole minime su una materia che dopo la sentenza della Corte Costituzionale è attualmente quasi del tutto priva di una disciplina e di sanzioni che la facciano rispettare. E trattandosi di generazione umana, il vuoto normativo– negato da qualcuno, agevolando così chi vuole avere mano libera sulla vita – pesa in modo insostenibile. Il partito del ministro Beatrice Lorenzin – il Nuovo Centrodestra – ha depositato un disegno di legge a firma di Nunzia De Girolamo che ricalca il progetto di decreto portato dal titolare del dicastero per la Salute nell’ultimo Consiglio dei ministri prima della breve pausa agostana e accantonato dal governo proprio per far spazio a una legge di iniziativa parlamentare. Lorenzin, convinta come il premier Renzi della necessità di normare l’eterologa con una legge nazionale senza lasciarla al libero arbitrio delle Regioni, aveva inviato il testo messo a punto dai tecnici del Ministero ai capigruppo di Camera e Senato perché lo assumessero come base per il lavoro parlamentare, sperando di accelerare l’iter e di arrivare a una legge entro fine anno. Le «Disposizioni in materia di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo» stilate dalla parlamentare Ncd riprendendo il testo Lorenzin sono riassunte in un articolo, 13 commi e un allegato. Nel testo si dispone che la «donazione di cellule riproduttive» deve essere «volontaria e gratuita», l’età minima e massima dei donatori è di 18 e 40 anni per gli uomini e di 20 e 35 anni per le donne, va costituito un Registro nazionale dei donatori, deve essere garantita la «tracciabilità del percorso» dei gameti «dal donatore al nato e viceversa», ogni donatore non può far procreare più di 10 bambini, l’anonimato di chi dona ovuli o seme è garantito sempre salvo in casi di «gravi e comprovati motivi attinenti alla salute dell’embrione», il nato con eterologa va «informato delle modalità del suo concepimento», la prestazione clinica va inserita nei Livelli essenziali di assistenza e dunque sarà a carico dello Stato tramite le Regioni. Sostanzialmente identico il disegno di legge presentato da Giuseppe Fioroni e Simone Valiante (entrambi Pd) insieme a Gian Luigi Gigli (Per l’Italia) che riproduce il testo della Lorenzin, ripreso dalla Di Girolamo, salvo in alcuni punti. La fecondazione eterologa – si legge in questo secondo disegno di legge, anch’esso molto snello con il suo singolo articolo sviluppato in 14 commi – «è consentita anche ricorrendo all'uso di gameti femminili o di embrioni soprannumerari resi disponibili da coppie che abbiano precedentemente fatto ricorso alla procreazione medicalmente assistita omologa», o Pma: è la formula della «adozione prenatale» proposta dal presidente del Movimento per la vita Carlo Casini per non lasciare un gran numero di embrioni nei congelatori dove sono stati abbandonati dalle coppie che li avevano concepiti in vitro e che non ne hanno più bisogno. Un secondo punto di differenza è nella forbice delle età minime e massime dei donatori: 20 e 40 per gli uomini, 20 e 35 per le donne. Ulteriore peculiarità del ddl "trasversale", che sta raccogliendo altre firme in Parlamento – è la specificazione che «ai genitori del bambino nato da Pma eterologa non è consentito il disconoscimento del figlio anche in caso di separazione o divorzio». Importante anche il comma sul numero massimo di figli per donatore, ridotti a 5. Ma il passo sul quale il ddl Fioroni-Gigli-Valiante pone l’accento è quello dell’anonimato: questo secondo testo infatti stabilisce che «al nato da fecondazione eterologa qualora lo richieda al raggiungimento della maggiore età non si può opporre nessun rifiuto per conoscere l'identità del padre biologico». Dunque un significativo limite alla possilità del donatore di non essere raggiungibile da quello che è a tutti gli effetti un suo figlio genetico. I sostenitori di entrambi i disegni di legge sono peraltro convinti che i due testi possano essere composti in sede parlamentare in un’unica formulazione. L’importante è però che il Parlamento, anche sotto la spinta di questa duplice iniziativa, ritrovi la parola e non lasci la scena alle Regioni che, soprattutto sotto la pressione delle cliniche private, stanno procedendo in ordine sparso anche se ispirandosi alla generica cornice stabilita una settimana fa dalla Conferenza degli assessori alla salute. È una questione di sicurezza dei cittadini, di certezza del diritto, e di democrazia.

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