martedì 10 dicembre 2024
Ogni persona con disabilità ha diritto a un suo progetto di vita: non più un utente che cerca di ottenere ciò che gli spetta ma una persona con esigenze da soddisfare e potenzialità da nutrire
Francesca Di Maolo con un giovane ospite del Serafico

Francesca Di Maolo con un giovane ospite del Serafico

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La recentissima Giornata internazionale per i diritti delle persone con disabilità quest’anno è caduta a pochi mesi dal primo G7 su Inclusione e Disabilità che concluso con la Carta di Solfagnano. Un documento importante, che rappresenta la base di un impegno ad agire in maniera unitaria e concreta, tramite politiche in grado di garantire una piena ed effettiva partecipazione e inclusione nella vita civile, sociale, economica, culturale e politica per tutte le persone con disabilità.

La Carta di Solfagnano riprende molti principi della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, ma l’impegno sottoscritto dai Paesi del G7 ci lascia ben sperare. Il progetto ideale della Carta di Solfagnano, infatti, supera i confini delle nazioni per creare le basi di una nuova cooperazione internazionale. Con le sue otto priorità la Carta non guarda al passato, ma ha la forza di proiettarsi nel futuro e, con la sua visione di società e di dignità della persona, traccia una strada da intraprendere. Siamo in cammino, dunque, a partire dal Progetto di Vita indipendente, che rappresenta anche il cuore della recente riforma sulla Disabilità avviato con la legge 227/2021 e poi, tra gli altri, con il decreto n. 62 del 3 maggio 2024. Questa riforma, dunque, rappresenta una svolta non solo per i suoi contenuti innovativi, ma anche per la partecipazione che l’ha contraddistinta, in quanto è stata accompagnata da tutto il mondo associativo che si occupa di disabilità.

Ogni persona con disabilità ha finalmente il diritto a un progetto di vita a partire dai suoi desideri, preferenze e aspettative. Un progetto che deve integrare gli interventi sociali, educativi, sanitari e assistenziali, ma anche ricreativi e sportivi, senza più frammentarli. Saranno i vari enti perciò a doversi incontrare per la persona e non più la persona a dover “bussare” alle porte per organizzare segmenti della propria esistenza. Con questo approccio che riporta all’unità le dimensioni del vivere, l’individuo non sarà più visto come un semplice utente di singoli servizi, ma come una persona con le sue esigenze, i suoi interessi e le sue potenzialità da alimentare e promuovere.

Il progetto di vita, in questi termini, non è più un generico programma, ma un diritto soggettivo perfetto e quindi pienamente esigibile. La sperimentazione di questa riforma verrà avviata in nove province italiane a partire dal 2025 e la formazione dei vari attori è già iniziata. Siamo tutti consapevoli che per il successo di questo progetto non basterà studiare e comprendere la nuova normativa, ma occorrerà cambiare approccio e mentalità. Dovremo imparare a confrontarci, a fare rete e a gestire in modo flessibile le risorse; ma soprattutto dovremo imparare a fare silenzio per ascoltare, prima di ogni altra cosa, la voce della persona con disabilità e del suo caregiver. Il ministro Locatelli, facendosi portavoce delle persone con disabilità ha spesso usato lo slogan “Nulla su di noi, senza di noi”. Si tratta di un’affermazione importante che ci indica come non si possano calare dall’alto i servizi per le persone con disabilità, e che la stessa politica, se vissuta come un servizio per le persone, non può prescindere da un attento ascolto della vita.

L’ostacolo maggiore che si pone all’attuazione del progetto di vita sta tutto nella capacità di cambiare paradigma e di uscire dalla falsa, ma confortevole, sicurezza del “si è fatto sempre così”. Fino a oggi era molto comune progettare i servizi per una persona con disabilità a partire dalla disponibilità di un budget e senza tenere realmente conto anche del contesto di vita, della dimensione territoriale, di tutto quello che si sviluppa intorno alla persona. La persona da “oggetto” della prestazione, diventa soggetto che sceglie come vivere. Ed è questo il passaggio epocale. In fondo, la condizione di disabilità pone ostacoli alla libertà concreta della persona di vivere la vita secondo le proprie preferenze, talenti e risorse. Noi siamo ora chiamati a rimuovere questi ostacoli e il segreto dell’inclusione è racchiuso proprio in questa libertà del vivere. In un momento in cui si parla molto della libertà del morire, il progetto di vita ci mette alle strette di fronte alla libertà della persona di vivere in pienezza la vita che ha scelto.

Per attuare i principi della Carta, dunque, ognuno di noi dovrà fare la sua parte in qualsiasi ambito in cui si svolge la personalità umana. Non possiamo dimenticare che ogni Carta che sancisce diritti fondamentali della persona, a partire dalla nostra Costituzione che riconosce pari dignità a ciascuno di noi, è affidata alla nostra vigilanza e supervisione, ma anche alle nostre menti, alle nostre braccia e al nostro cuore. La Carta di Solfagnano non è solo un documento, ma rappresenta l’intangibilità dei diritti che consacra. Da questa Carta partiamo animati nel costruire una società inclusiva che sappia ricentrarsi sul valore della vita, e a questa Carta torneremo tutte quelle volte in cui dovremo fare appello alla libertà e alla giustizia per le persone con disabilità, magari spinti dalla rabbia di vedere violati i diritti dei più fragili, ma con la determinazione di chi sa che quei diritti sono inviolabili. Ed è questo che ci ricorderà sempre la Carta di Solfagnano e che oggi vogliamo ricordare a tutti e in tutto il mondo.
*Presidente Istituto Serafico di Assisi

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