martedì 29 aprile 2025
A Roma persone con disabilità, i loro caregiver, volontari e associazioni per le giornate del Giubileo di un mondo che vuole uscire dall’angolo. Parla la responsabile Cei suor Veronica Donatello
Pellegrini durante i giorni del Giubileo delle persone con disabilità

Pellegrini durante i giorni del Giubileo delle persone con disabilità - Foto Matteo Nardone / ipa-agency.net

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«O tutti o nessuno». Suor Veronica Donatello, responsabile del Servizio nazionale per la Pastorale delle persone con disabilità della Cei, quelle parole di Papa Francesco si impegna a farle mettere in pratica ovunque. E il Giubileo delle Persone con Disabilità (28 e 29 aprile), con eventi pensati per i pellegrini, a prescindere dai propri limiti, dimostra che «la speranza è già possibile ed è già in atto. Ora vogliamo continuare ad accompagnare – rimarca suor Donatello – affinché tutto questo diventi sempre più realtà in tutta l’Italia, in tutti i vari contesti».

Qual è la novità di questo Giubileo dedicato alle persone con disabilità?​Sicuramente è un momento bello perché sono presenti persone con disabilità e caregiver di tutto il mondo. Vista l’assenza del Papa sarà un’occasione per ringraziarlo, perché ha dato loro tanta voce e visibilità.

Cos’ha raccomandato in particolare papa Francesco?
Sono due le frasi che ci ha consegnato. La prima volta che ci ha incontrato, ci ha detto: «O tutti o nessuno». E la seconda volta: «Voglia il cielo che alla fine non ci siano più gli altri, ma solo un noi». E infatti tutti i nostri incontri hanno come tema il “Noi”. Come appunto nostro il convegno (“Noi pellegrini di speranza”), con due focus sul “Progetto di vita”, sul diritto alla piena realizzazione personale e sociale, e il rapporto tra scienza, tecnologia ed etica, con un’attenzione particolare agli strumenti innovativi, spesso indispensabili per essere autonomi, e alle buone pratiche.

Suor Veronica Donatello

Suor Veronica Donatello - Agenzia Romano Siciliani

Come è possibile garantire la “piena realizzazione personale e sociale”?
Come Conferenza episcopale italiana stiamo portando avanti una riflessione sul progetto di vita, guardando alla persona con disabilità non in chiave assistenziale, riabilitativa, pietistica, ma secondo l’ottica di un progetto unico di ciascuno. E questo non è scontato. Papa Francesco dice sempre che la sfida è quella di accompagnare nelle varie età della vita, insieme, nelle realtà cattoliche e civili. Noi da anni continuiamo a farlo.

Tra le varie iniziative per questi due giorni, ci sono le “Vie della speranza”. Di cosa si tratta?
Se una famiglia con una persona con disabilità arriva a Roma o al Giubileo coglie già che ci sono segni di speranza in atto: una quarantina di stand di realtà associative e diocesane, in via della Conciliazione, raccontano per due giorni che la qualità di vita è possibile. I pellegrini conoscono storie, progetti, volti. E tutto questo lo abbiamo pensato insieme con l’Ufficio della Pastorale sociale e del lavoro, della cooperazione e del terzo mondo. L’ingresso della Porta Santa attrezzato con un sussidio accessibile lo abbiamo realizzato con la Pastorale giovanile.

Altri appuntamenti specifici?
I pellegrini si sono ritrovati in un momento di preghiera nella Basilica di San Paolo fuori le mura, oggi ci sono le catechesi a piazza san Pietro con testimonianze da tutto il mondo. È il sogno di papa Francesco: una Chiesa dove anche le persone con disabilità siano catechiste. «Anche voi siete buoni samaritani», disse una volta. Ed è appunto il salto in questo Giubileo. Come diceva papa Benedetto XVI: anche le persone con disabilità in virtù del battesimo sono evangelizzatori.

Dunque, pellegrini e allo stesso tempo animatori del Giubileo?
Certo. E vogliamo raccontare anche la dignità lavorativa con i truck food: sarà possibile gustare una pizza, un’arancina o un dolcetto preparati proprio da loro. Questo è stato possibile grazie a realtà come Pizzaut, per esempio, che ha assunto 43 persone con autismo, oppure Frolleria, che fa biscotti con persone con tanti tipi di disabilità.

E poi oggi pomeriggio anche una festa?
Ai Giardini di Castel Sant’Angelo, con cantanti famosi, da Noemi ai Ladri di Carrozzelle, con atleti come Bebe Vio, ballerini...
Insomma, è un Giubileo dedicato ai diversi tipi di disabilità, ai caregiver e alle associazioni che se ne occupano.
Le persone con disabilità congenite e acquisite sono circa 13 milioni. L’aspetto bello di questo Giubileo è che ogni momento è stato pensato con loro, raccontando e quindi dando voce alle loro testimonianze. Ma l’attenzione e l’accoglienza non ci sono solo per questi due giorni ma per tutto l’anno giubilare. È stata pensata per esempio l’accessibilità fisica per recarsi alla Porta Santa per chiunque voglia vivere personalmente una esperienza di fede. È un cammino che stiamo cercando di accompagnare con itinerari fruibili, servizi, strumenti di preghiera nelle varie lingue.

Una sfida non da poco...
L’idea è provocare, lavorando sugli stereotipi e sui pregiudizi e anche suscitando una riflessione sul fatto che si può lavorare offrendo contesti nella progettazione pensati per tutti. Un esempio: la chiesa di San Giovanni Battista dei Fiorentini si è fattivamente modificata per accogliere tutti, i volontari hanno fatto corsi di preparazione, hanno imparato la lingua dei segni.

Anche la società secondo lei è pronta a superare i pregiudizi?
Bisogna imparare a guardarli come persone oltre i limiti – che del resto ognuno di noi ha – e nell’ottica del progetto di vita, senza stereotipizzare le risposte. Noi vogliamo raccontare i segni di speranza e far vedere che è già in atto un cammino che nasce con loro.

Le risorse pubbliche necessarie per poter fare un salto di qualità sono sufficienti?
C’è un decreto legislativo (il 62 del 2004 ndr) e i soldi stanno iniziando a essere stanziati. Comunque, non basta una legge, serve una sinergia di cose che vanno messe in atto.

In che senso?
La sfida, come ci ha sempre proposto il Papa è fare rete: «Qualsiasi cosa fate, create comunità che hanno il gusto e lo stile del noi, dove ci si appartiene». La sfida grande è dunque l’appartenenza. E tu appartieni se vieni riconosciuto come persona nei tuoi bisogni e desideri.

Lavorerete dunque seguendo questa sollecitazione di papa Francesco?
Continueremo ad accompagnare, affinché tutto questo diventi sempre più realtà in tutta l’Italia, in tutti i vari contesti.

Per riuscirci serve dunque un cambio culturale, da parte di tutti.
Ce la possiamo fare. Piano piano, sta iniziando ad accadere.

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