giovedì 2 giugno 2022
Primo appuntamento nazionale del Servizio per la Pastorale delle persone con disabilità che riunisce associazioni, operatori e studiosi da tutta Italia, con voci di esperti internazionali
«Disabili e no, siamo una cosa sola». Primo forum del Servizio Cei
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Riflessioni antropologiche e decisioni concrete. Spazia sul mondo della disabilità a 360 gradi il primo Convegno nazionale organizzato dal Servizio Cei per la Pastorale delle persone con disabilità (Snppd), in programma domani e sabato a Roma. A dare il senso dell’ampiezza dei temi è già il titolo: «Noi non loro. La disabilità nella Chiesa». «Abbiamo preso spunto – spiega suor Veronica Amata Donatello, responsabile del Snppd – da un sacerdote gesuita, con disabilità, teologo, Justin Glyn, che lanciò la sfida in un articolo con questo titolo: "Noi, non loro". Glyn, che sarà presente al convegno, scrisse: "Non siamo né particolarmente peccaminosi, né straordinariamente virtuosi, le nostre vite sono semplicemente diverse da chi è considerato privo di disabilità". In poche parole, come superare la mera retorica dell’inclusione, per giungere a comprendere una volta per tutte che le persone con disabilità insieme a quelle senza sono un tutt’uno, senza distinzioni fra noi e loro».
I temi esaminati dal Convegno sono molti, quanti quelli che il Servizio Cei diretto da suor Donatello affronta quotidianamente: «La formazione del clero e degli operatori pastorali, e di chi lavora col mondo degli oratori. Ma anche l’ambito dell’abitare, che va dai centri diurni al "dopo di noi". E poi stiamo lavorando sul progetto di vita delle persone con disabilità, per offrire una vasta gamma di servizi. Come disse il Papa: fare rete anche con l’associazionismo, che è una grandissima risorsa, e poi con la famiglia e i caregiver. Il nostro scopo è lavorare insieme e accompagnare le trasformazioni». Altrettanto intenso è il programma del Convegno: «Il Servizio – spiega suor Donatello – è nato poco prima della pandemia, molti di noi non si sono mai conosciuti. Ci sono più di trecento persone iscritte, partecipano otto conferenze episcopali estere, dall’America all’Europa; avremo 45 interventi, divisi per ambito: abitare, operatori pastorali, associazionismo». Il messaggio è ampio: «Vogliamo lanciare una sfida grande – insiste suor Donatello –, perché credo che a volte la fatica sia lavorare sui pregiudizi, sugli stereotipi. Occorre comprendere che l’interdipendenza di fatto è il destino dell’intera umanità, non solo di una parte o di qualcuno: la persona che si è fatta da sé ed è autonoma in tutto e per tutto è soltanto un mito, perché la nostra precisa essenza è l’essere in relazione». Conclude suor Donatello: «Il Papa nella Fratelli tutti dice che purtroppo oggi molte persone con disabilità esistono senza partecipare, senza appartenere. Ci sono ancora molti ostacoli, vogliamo quindi lavorare perché abbiano una cittadinanza piena in campo civile ed ecclesiale».
Tra i temi cardine del Convegno c’è quello dell’abitare, sottolinea Roberto Franchini (docente di Pedagogia all’Università Cattolica) che interverrà con la relazione: «Parole chiave della disabilità: dall’indipendenza all’appartenenza». «Spesso si insiste solo sul concetto di vita indipendente – chiarisce Franchini – come se la soluzione appropriata per tutti fosse soltanto la vita in un appartamento, senza dover dipendere da altri. Tuttavia se la vita indipendente è un diritto non è l’unico, e non sempre vivere da soli è la soluzione più appropriata. Per persone con disabilità complesse, fisiche o psicologiche, spesso la soluzione più appropriata per dare loro qualità di vita, opportunità e diritti, è una vita un po’ più tutelata, dentro organizzazioni residenziali in grado di dare i sostegni necessari». Aggiunge Franchini: «Vorremmo sottolineare – particolarmente per gli adulti – che l’appartenenza è il bisogno esistenziale primario per un adulto». E conclude: «Parleremo di autodeterminazione e progetto di vita, che va costruito ascoltando la persona con disabilità e i suoi desideri, valori, aspettative. Il nemico da combattere è l’istituzionalizzazione, che non è un luogo ma una dinamica, che può avvenire anche in famiglia, se non sono ascoltato e sono sotto il controllo di altri».
Sulla scelta della persona con disabilità insisterà anche il presidente di Anffas, Roberto Speziale: «La Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità dice che tutte, anche quelle ad alta complessità, hanno il diritto di poter scegliere dove, come e con chi vivere. Che può essere la casa di origine, ma anche, dove c’è la necessità, un’altra soluzione che garantisca sempre la loro migliore qualità di vita». Ora c’è da lavorare sulla legge delega sulla disabilità approvata nel dicembre scorso: «C’è un fondo di 800 milioni di euro per dare sostanza alla legge, e c’è una commissione che sta lavorando ai decreti attuativi da approvare entro 20 mesi alla quale stiamo dando il nostro contributo. Ci sono le premesse perché ci sia un cambio di paradigma rispetto alla disabilità».
Conclude padre Carmine Arice, superiore generale del Cottolengo, ancora a proposito dell’abitare: «Dobbiamo rispondere ai bisogni delle persone ragionando con la propria testa e non con l’ideologia. Ciascuno deve avere la risposta adatta a lui: se è in grado di avere una vita indipendente a domicilio, è la prima risposta, ma non è possibile per tutti. Il dilemma non è strutture sì o no, ma strutture quando e come. Occorre che chi ha il dovere di accreditare le strutture verifichi – con parametri oggettivi – che ci siano tutti i requisiti, non solo quelli strutturali ma anche relazionali ed educativi. E per ciascuna persona va fatto un progetto di vita che risponda ai suoi bisogni. Tutti devono migliorarsi: pubblico, privato, istituti religiosi».

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