giovedì 29 giugno 2023
La presidente del Movimento per la Vita italiano interviene nel dibattito sulla tutela dei bambini nelle pratiche di maternità surrogata e fecondazione artificiale eterologa. Lanciando una proposta
I bambini diventano oggetti: per difenderli diamo diritti ai nascituri
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Mentre alla Camera si apriva il dibattito sul progetto di legge che definisce l’utero in affitto (maternità surrogata) reato universale, e che prevede la perseguibilità del cittadino italiano che all’estero ricorre a questa pratica, la Corte dei diritti dell’uomo (Cedu) dichiarava inammissibili alcuni ricorsi contro l’Italia accusata di violare il diritto alla vita privata e familiare per aver negato la trascrizione automatica nei registri anagrafici dello status di genitore nei confronti del partner di una persona dello stesso sesso che ha avuto un bambino all’estero ricorrendo ai propri gameti, a quelli di una terza persona di sesso opposto e all’utero in affitto (maternità surrogata). Due percorsi che portano sulla stessa strada: non tutti i mezzi per diventare genitori sono accettabili e non è sufficiente l’intenzione di essere genitore per esserlo realmente. Il tema è vivacemente dibattuto da anni e se ne sono occupati, ciascuno per la propria parte di competenza, sindaci e giudici. Il focus della questione riguarda la natura della maternità e della paternità e i diritti dei bambini.

L’argomento è molto serio, per questo la legge 40 aveva chiarito che i figli generati con le tecniche di Pma devono essere considerati soggetti al pari di tutti gli altri coinvolti, e da ciò aveva giustamente fatto discendere il diritto a nascere (vietando produzione di embrioni soprannumerari, selezione genetica degli stessi, sperimentazione distruttiva, congelamento come prassi ordinaria, stabilendo nell’eccezione l’obbligo di destinare gli embrioni alla nascita appena possibile) e il diritto a un padre e a una madre di sesso diverso, certi e uniti stabilmente, conosciuti e conoscibili, vietando di conseguenza la fecondazione eterologa e la maternità surrogata. Come sappiamo la Corte costituzionale, lasciando in piedi la premessa – il concepito è un soggetto titolare di diritti –, ha purtroppo abbattuto alcune sue conseguenze – divieto di produrre embrioni in soprannumero (congelamento diventato prassi ordinaria), di selezione genetica, di eterologa –, mantenendo i divieti di maternità surrogata e di accesso per coppie dello stesso sesso. Per aggirare questi divieti, alcune coppie omosessuali sono espatriate e al rientro in Italia hanno chiesto il riconoscimento dello stato di genitore anche per il/la partner del genitore biologico.

Di fronte al diniego, ci si è appellati alla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) che ha dichiarato inammissibili i ricorsi perché «se è vero che lo Stato italiano non permette la trascrizione dell’atto di nascita per quanto riguarda il padre d’intenzione, garantisce però attraverso l’adozione la possibilità del riconoscimento giuridico». La questione è molto delicata poiché se devono essere messi al primo posto i diritti e le tutele di tutti i bambini, secondo il criterio del prevalente interesse del minore, non vanno né favorite né incoraggiate pratiche che per il modo in cui i figli sono generati e fatti nascere violano proprio i loro basilari diritti, tra cui il diritto a non essere considerati oggetti e ad avere un padre e una madre che siano tali totalmente, e cioè geneticamente, socialmente, legalmente.

Quale soluzione dunque per i bambini già nati all’estero da una coppia omosessuale con la maternità surrogata? Il ministro per la Famiglia Eugenia Roccella, ferma restando la nuova auspicabile legge sul reato universale di utero in affitto, ha ricordato quanto affermato dalla Cassazione nella sentenza n. 38182 del 2022 che propone il ricorso all’adozione in casi particolari (art. 44 lettera d della legge 184/83): una procedura che richiede una decisione giudiziaria caso per caso, fatto diverso da un atto amministrativo di automatica trascrizione. La riflessione è in corso e non si può negare che l’adozione in casi particolari in queste situazioni presenti criticità etiche e giuridiche. Tuttavia di fronte a situazioni purtroppo già verificatesi l’argine della legge sulla perseguibilità del cittadino italiano che all’estero ricorre all’affitto di utero e il ricorso all’adozione in casi particolari per il pregresso potrebbero costituire una via per la tutela dei minori. Ma ancora maggiore sarebbe la tutela se tutti i figli, comunque chiamati all’esistenza, fossero riconosciuti davvero figli sin dal concepimento, e dunque titolari del diritto a nascere e del diritto ad avere una mamma e un babbo sotto tutti i punti di vista. Non basta “tamponare” e parare i colpi: è necessario promuovere il riconoscimento del concepito come uno di noi, perché i diritti partono da qui. È questo che spinge la società verso un più alto livello di civiltà in nome di tutti i bambini.

Presidente Movimento per la Vita italiano

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