mercoledì 31 gennaio 2024
Il presidente degli oncologi medici, Perrone: «Ridotta la mortalità grazie a nuovi farmaci e diagnosi precoci. Ma preoccupa il mancato controllo dei fattori di rischio e la riduzione degli screening»
Uno screening mammografico

Uno screening mammografico - IMAGOECONOMICA

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Colmare il divario assistenziale, #Closethecaregap è il tema della Giornata mondiale contro il cancro, giunta alla 23ª edizione, che si celebra domenica 4 febbraio. Un tema che verrò affrontato da diversi punti di vista domani, nell’incontro promosso dall’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) a Roma, nella sede dell’Istituto superiore di sanità. «Chiediamo di avere attenzione alle differenze che possono tradursi in diseguaglianze» precisa Francesco Perrone, presidente Aiom e direttore della Unità di Sperimentazioni cliniche all’Istituto nazionale per lo studio e la cura dei Tumori “Fondazione Giovanni Pascale” di Napoli.

«Possiamo peraltro affermare – continua Perrone – che l’oncologia, nel mondo ma anche in Italia, sta vivendo una fase positiva, con alcuni risultati importanti in tema di disponibilità di nuove cure e riduzione della mortalità generale per tumore».
Tuttavia, puntualizza ancora Perrone, occorre tenere alta l’attenzione: «Per il nostro congresso nazionale 2024 ho proposto lo slogan “Occhi(o) al futuro” per indicare due aspetti: quello positivo riguarda i progressi dell’oncologia degli ultimi trent’anni, sia in termini di nuove capacità diagnostiche sulla base dei difetti molecolari (che diventano anche lo strumento per terapie mirate), sia di riduzione della mortalità».

D’altra parte “occhio al futuro” indica anche lo stare in guardia rispetto ad alcune criticità: «I nuovi farmaci che arrivano sono sempre più costosi e creano problemi di sostenibilità ai sistemi sanitari. Inoltre si registrano difficoltà nella correzione dei fattori di rischio prevenibili per l’insorgenza dei tumori, e spesso coincidono con i maggiori fattori di disagio sociale».

Nuovi farmaci più efficaci, si riduce la mortalità

Per quanto riguarda gli aspetti positivi, riferisce Perrone, «i progressi della ricerca farmaceutica stanno producendo una serie di farmaci che sembrano fare sintesi di una tanti anni di studi: farmaci “coniugati” che mettono insieme l’immunoterapia con la chemioterapia con farmaci diretti contro difetti genetici».

E sul piano epidemiologico, «l’ultimo nostro volume dedicato ai Numeri del cancro (disponibile online sul sito di Aiom) – continua Perrone – evidenzia che tra il 2007 e il 2019 sono stati evitati circa 260mila decessi per tumore sulla base di quanto si poteva prevedere in base ai dati relativi agli anni 2003-2006. Un bel risultato, simile a quelli registrati in Europa e negli Stati Uniti».

Se la riduzione della mortalità può essere attribuita anche all’anticipazione delle diagnosi, «si registra peraltro anche dove l’adesione agli screening non risulta particolarmente alta, nonché per quei tumori per i quali non esistono programmi di screening. Il che significa – conclude Perrone – che ci debba essere anche un effetto delle terapie».

Fattori di rischio, poca prevenzione

Le disuguaglianze che preoccupano maggiormente nel nostro Paese riguardano i fattori di rischio: «Riscontriamo che ci sono differenze regionali per la distribuzione dei fattori di rischio – chiarisce Perrone –. In particolare alcuni stili di vita che sono notoriamente fattori di rischio per il cancro (alcol, fumo, obesità, sedentarietà, scarso consumo di frutta e verdura), mediamente tendono a coincidere con il disagio sociale, e quindi si sommano a questo. In più, in media, le regioni del Sud vanno peggio di quelle del Nord. Tutto questo è un campanello d’allarme».

Di carattere politico-sociale sono alcune altre preoccupazioni: «Ma se i fattori di rischio sono perlopiù al Sud – osserva Perrone – assistiamo con preoccupazione alle richieste delle Regioni del Nord di superare i limiti richiesti dall’Europa in tema di inquinamento, come le polveri sottili». E sul piano più strettamente sanitario «suscita qualche perplessità sull’efficienza dei servizi di sanità pubblica il fatto che manchino i dati della Lombardia nella raccolta dei dati relativi al 2021-22 sui fattori di rischio».

Così come differenze, e conseguenti diseguaglianze, emergono nell’efficienza negli screening dei tumori del seno, della cervice uterina e del colon-retto (compresi nei Livelli essenziali di assistenza): «Siamo sotto i livelli richiesti a livello europeo – ammette Perrone – soprattutto nelle Regioni meridionali, ma nelle ultime rilevazioni perde punti anche la Lombardia».

La sostenibilità delle nuove cure, sempre più costose

Altre criticità sono le questioni di sostenibilità. Per quanto utili «i nuovi test diagnostici e i nuovi farmaci costano tanto (spesso troppo) e creano problemi di sostenibilità al Sistema sanitario nazionale. In questo ambito temiamo che la riforma dell’autonomia differenziata possa essere motivo di peggioramento delle disuguaglianze in assenza di una grande capacità di gestione centrale, di cui si vede qualche volontà, ma che dopo la riforma federale del Titolo V (2001) si è un po’ ridotta. Si è promosso più il controllo – sottolinea Perrone – che la programmazione».

Positiva invece la valutazione della legge sul diritto all’oblio per i cittadini che hanno superato un cancro da dieci anni (cinque se la diagnosi è avvenuta prima dei 21 anni di età): «In conseguenza del fatto che riusciamo a guarire più malati – evidenzia Perrone – sono circa un milione di persone, dei 3,6 milioni che sono vive in Italia dopo una diagnosi di tumore. È giusto che non debbano continuare a “pagare dazio” nelle materie assicurative o bancarie. In questo ambito aspettiamo di confrontarci al ministero della Salute per compilare le tabelle che possono differenziare gli anni necessari per ottenere l’oblio. Dieci anni sono un punto medio di incontro, ma per alcune forme tumorali potrebbero essere meno».

Serve più ricerca scientifica indipendente

Infine i progressi della ricerca scientifica. È stata pubblicata su Nature lo studio guidato dall’oncologo Fabrice Andrè (Istituto Gustave-Roussy di Parigi) che chiede di classificare i tumori sulla base del difetto molecolare, e non dell’organo in cui compaiono. In tal modo si potrebbero utilizzare meglio anche i farmaci antitumorali: «È una linea di ricerca che va avanti da anni – ricorda Perrone – ma solo ora giungono risultati incoraggianti. In particolare il Pd-L1 (segnalato da Andrè) è un marcatore utile per indicare quando l’immunoterapia funziona: alcuni tumori rispondono alla terapia in base alla presenza di questo recettore a prescindere dall’organo in cui hanno avuto origine».

Ma la ricerca chiama in causa anche questioni più complesse: «È in parte inevitabile che gran parte della ricerca e sviluppo dei nuovi farmaci – riconosce Perrone – sia appannaggio delle industrie che li studiano. Ma le aziende hanno l’obiettivo di portare il farmaco sul mercato. La ricerca indipendente, accademica, può più liberamente sviluppare nuove piste di ricerca e, per esempio, di ampliare le indicazioni d’uso ad altre patologie tumorali».

Tuttavia, e questo è il dato negativo, la ricerca non profit è andata calando in Italia, e in Europa: «Dai dati diffusi dall’Agenzia ita liana del farmaco – riferisce Perrone – è emerso che rispetto al 30% di quindici anni fa, nel 2022 gli studi indipendenti erano scesi al 15%. Con tendenza a ulteriore riduzione».

Un fatto che limita i benefici che la ricerca indipendente potrebbe portare in un settore dove i costi sono crescenti: «Curare meglio il cancro – sottolinea Perrone – significa avere più guariti, ma anche più persone in cui la malattia è cronicizzata. In entrambi i casi sono persone che hanno bisogno per un periodo maggiore di una assistenza di tipo medico oncologico. E questo aumenta i costi per un Servizio sanitario nazionale per il quale le risorse non aumentano in modo sufficiente rispetto alla domanda».

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