mercoledì 20 giugno 2012
​Come prevedibile, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità sollevata dal Tribunale di Spoleto sull'articolo 4 della legge 194 (aborto entro i primo 90 giorni), in quanto in contrasto con una sentenza della Corte di Giustizia Ue che tutela l'embrione. Il Movimento per la vita: si è scelto di non decidere.
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Come ampiamente prevedibile, nella seduta odierna della Camera di Consiglio la Corte costituzionale ha dichiarato "manifestamente inammissibile", la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 della legge 22 maggio 1978, n. 194 sull'interruzione volontaria di gravidanza, sollevata dal Giudice Tutelare del Tribunale di Spoleto. Lo rende noto la Consulta.
A sollevare incidente di costituzionalità, con ordinanza del 3 gennaio scorso, era stato un giudice tutelare di Spoleto nell'ambito di una vicenda che coinvolge una minore intenzionata a interrompere la gravidanzasenza informare i genitori della sua decisione.
 
L'articolo oggi passato al vaglio della Consulta è il numero 4, nocciolo della legge. Qui si stabilisce, infatti, che per l'interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, "la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito" può rivolgersi a un consultorio".Il giudice tutelare aveva sollevato incidente di costituzionalità partendo da un pronunciamento della Corte digiustizia europea in materia di brevettabilità dell'embrione che definisce l'embrione quale "soggetto da tutelarsi in maniera assoluta". Su questa base il giudice tutelare riteneva che l'articolo 4 della legge 194 si ponesse in conflitto con i principi generali della Costituzione e in particolare con quelli della tutela dei diritti inviolabili dell'uomo (art. 2) e del diritto fondamentale alla salute dell'individuo (art. 32 primo comma della Costituzione). Altre obiezioni erano state formulate con riferimento agli articoli 11 (cooperazioneinternazionale) e 117 (diritto all'assistenza sanitaria e ospedaliera) della Costituzione. Ma la Consulta non ha accolto questa tesi e ha dichiarato "manifestamente inammissibile, la questione di legittimità costituzionale".Il pronunciamento della Consulta non è stato preceduto da udienza pubblica: i giudici si sono direttamente riuniti in Camera di Consiglio per discutere, anche perché nessuna parte si era costituita e in questo caso il regolamento della Corte prevede che si possa andare subito a pronunciamento. A difesa della legge in vigore è intervenuto l'avvocato dello Stato, Maria Gabriella Mancia. Relatore della causa è stato il giudice Mario Rosario Morelli.
IL PRECEDENTE DI SIRACUSA
Il ricorso presentato dal Tribunale di Spoleto ha un recentissimo precedente nell’appello presentato dal Tribunale di Siracusa nell’ottobre 2011 e rigettato pochi giorni fa dalla Corte Costituzionale come manifestamente inammissibile. Il giudice tutelare del tribunale siciliano, sezione di Augusta, aveva presentato alla Consulta un ricorso di legittimità costituzionale in via incidentale sull’articolo 12 della legge 194, relativamente alla parte che consente al giudice di autorizzare la minore a interrompere la gravidanza «senza che ne siano informati i genitori, qualora sussistano "seri motivi", non solo che "impediscano", ma anche semplicemente ne "sconsiglino" la consultazione».
Nell’ordinanza 126/2012 la Corte ha però cassato il ricorso. Anzi, nelle motivazioni si legge, tra l’altro, una denuncia del carattere surrettizio dell’atto, che fa «piuttosto supporre che il rimettente cerchi di utilizzare in modo improprio e distorto la proposizione dell’incidente di costituzionalità (che, interrompendo la necessaria e naturale speditezza della procedura, di fatto vanifica l’istanza di tutela del diritto fondamentale alla salute psico-fisica della minore gestante, oggetto primario delle garanzie approntate dalla legge n. 194 del 1978)». Il tutto «non già per pervenire alla soluzione di un problema pregiudiziale rispetto alla definizione della richiesta, quanto piuttosto al fine di tentare di ottenere dalla Corte un avallo interpretativo».
C’è anche chi affronta la 194 in senso positivo e propositivo. Avanza infatti «L’embrione: uno di noi», iniziativa promossa dal Movimento per la vita. È in corso in tutta Europa (fino al maggio 2013) la raccolta di firme finalizzata alla richiesta in sede comunitaria di riconoscimento della dignità umana fin dal concepimento. «Un progetto ambizioso, come quello del superamento della legge 194 – dichiara il presidente Carlo Casini –: non può essere realizzato da pochi, occorre che l’intero popolo della vita sia coinvolto nella riflessione, nella decisione, nella attuazione». (Em.Vi.)
MOVIMENTO PER LA VITA: SI E' SCELTO DI NON DECIDERE«È dal 1980 che la Corte Costituzionale riesce a non dirci, con espedienti procedurali vari, se l’aborto come disciplinato nei primi tre mesi di gravidanza è conforme alla Costituzione oppure no». Commenta così Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita, la decisione di oggi in merito al ricorso del giudice tutelare di Spoleto.«Come in almeno altri 25 casi precedenti, anche questa volta la Corte ha accuratamente evitato di entrare nel merito. Per dirla in modo semplice, alla domanda del giudice ha risposto: non posso darti una risposta né in un senso né nell’altro. Quali siano i motivi che rendono impossibile il discernimento, non è dato sapere.«Fatto sta che questioni che avrebbero potuto mettere in crisi la legge 194 sono rimaste in questi trent’anni e passa senza risposta. Ma al tempo stesso significa anche che neppure la Costituzionalità della legge 194 è stata mai dichiarata.«Ma prima che la legge entrasse in vigore, la Corte aveva parlato» conclude Casini. Basta rileggere la decisione del 1975 e gli articoli 4 e 5 della legge successivamente approvata, per capire che la illimitata facoltà della madre di sopprimere il proprio figlio contrasta con la Costituzione e contrasta con il giudizio della Corte. Un giudizio che ora, a legge trasformata nell’ultimo tabù, è diventato ingombrante ma che al tempo stesso non si può né dimenticare né smentire. Meglio decidere di non decidere».
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