giovedì 13 ottobre 2022
«Nei nostri pellegrinaggi a Lourdes meno malati in sedia a rotelle, più dolori interiori e solitudini»: parla Rocco Palese, neo-presidente dell'istituzione che porta gli infermi nei santuari mariani
Il presidente dell'Unitalsi Rocco Palese

Il presidente dell'Unitalsi Rocco Palese

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Rocco Palese, 65 anni, ragioniere commercialista di Potenza, sposato con Alessandra, quattro figli – Chiara, Francesco, Maria ed Elisabetta – è il nuovo presidente nazionale dell’Unitalsi, eletto il 17 settembre dal direttivo dell’associazione dopo la scadenza del mandato al predecessore Antonio Diella. Impegnato in Unitalsi da 30 anni, Palese nei giorni scorsi ha guidato da presidente il suo primo pellegrinaggio nazionale a Lourdes, con oltre 2.000 partecipanti.

Dopo la pandemia c’è stato un netto calo dei pellegrinaggi, soprattutto a Lourdes. Possiamo già fare un bilancio del 2022? La ripresa è difficile, ma non impossibile. Rispetto alle attese e ai primi mesi dell’anno, il 2022 lo chiuderemo comunque con circa 13mila pellegrini accompagnati al santuario francese. Siamo lontani dai 25mila del 2019, ultimo anno pre-pandemia, ma la ripresa è costante e, secondo il nostro planning, nel 2023 ci sarà un aumento del 50%. Anche perché riprenderanno numerosi i tradizionali pellegrinaggi in treno, fin qui un po’ sacrificati a vantaggio dell’aereo che però non è accessibile a tutti.

Numeri a parte, perché la crisi e perché questa che sembra per l’appunto una inversione di tendenza?

La crisi si spiega facilmente con la pandemia, con la paura che ne è derivata, con la crisi economica. Adesso invece che c’è un grande desiderio soprattutto del pellegrinare: i due anni di pandemia, oltre ai problemi che sappiamo, hanno comunque fatto scoprire, o riscoprire, a tante persone che senza una mèta e una fede solida la nostra vita è poca cosa. È un desiderio smisurato per chi già veniva in pellegrinaggio con noi, ma anche per quanti cercano una dimensione spirituale e di dare un senso alla loro vita. Oltre a tante persone che hanno altri tipi di malattie...

Che significa questo? Di cosa sono malati?

Le faccio un esempio: i nostri pellegrinaggi storicamente sonostati segnati dalla presenza di tante barelle. Oggi invece ci accorgiamo che sono sempre di meno, un po’ perché di certo la medicina ha fatto grossi passi in avanti, e quindi magari un tumore non si manifesta più con la necessità di una carrozzina, ma soprattutto perché ci sono tante altre persone che soffrono delle malattie di oggi: la depressione per vari motivi, e la solitudine, che non colpisce più solamente gli anziani. Tutte persone che nei nostri pellegrinaggi troviamo un po’ “nascoste”: metto questo termine tra virgolette, perché poi in realtà vengono fuori.

E come vi accorgete che state accompagnando davanti alla Grotta di Lourdes anche questi “nuovi” malati?

Sono sofferenze di tipo diverso, ma in loro c’è anche attesa, speranza: e allora cercano di parlare, non solo di sfogarsi. In alcuni momenti forti del pellegrinaggio, ad esempio lungo il cammino dei “passi di Bernardette” che ne ricostruisce la vita, li vedi che si fermano a pregare intensamente, oppure ti vengono vicino e sussurrano: dite una preghiera per me. Allora inizia la fase dell’ascolto da parte nostra, che non può e non deve essere casuale. Per questo ai nostri volontari raccomandiamo sempre di dare attenzione dal primo all’ultimo pellegrino, di non fermarsi alle apparenze o alle sofferenze più visibili. Proprio perché dietro ogni partecipante spesso c’è un grande dolore, una richiesta di aiuto. Te ne accorgi anche perché non si tratta di persone che pensano si tratti di una gita, magari con sosta all’Acquario di Genova... No, vogliono andare diritti alla meta, hanno questo bisogno.

C’è dunque una spiritualità della sofferenza nuova anche nel mondo unitalsiano?

Storicamente siamo sempre stati vicini a ogni tipo di sofferenza, i nostri pellegrinaggi non hanno senso se all’interno non ci sono tutte le componenti: i volontari, che hanno ragione di esistere se ci sono i malati, i disabili, gli anziani, i medici, i sacerdoti. E ora, come detto, persone che hanno sofferenze nuove, legate all’evolversi dei tempi. Anche per questo la nostra formazione spirituale è importante. D’altro canto, siamo dentro la Chiesa e vogliamo continuare a servirla anche con la vicinanza alle persone che attraversano momenti non facili. E diamo tanta importanza alla fase dell’ascolto, perché chi è in difficoltà spesso rasenta la disperazione.

Fino al punto di non farcela più?

Casi estremi, di persone che pensano di porre fine ai loro problemi in maniera definitiva, non ne abbiamo incontrati. Però, ripeto, c’è una sofferenza crescente legata a varie circostanze, compresa quella di non arrivare alla fine del mese. Qui il nostro ascolto deve accompagnarsi alla speranza che tutto sommato quelle persone ancora hanno e che le spinge verso Lourdes. Un po’ come succede nelle nostre Case in tutta Italia, dove ospitiamo le famiglie di bambini gravissimi che hanno bisogno di cure in ospedali lontani dal luogo di residenza: purtroppo noi e i genitori sappiamo che quei piccoli probabilmente non ce la faranno, ma percepiamo una grande speranza e il desiderio di tornare in pellegrinaggio proprio per alimentare quella speranza. Per affidarsi.


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