sabato 2 agosto 2014
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La storia di Gammy, il bambino down abbandonato dalla coppia di genitori australiani che l’ha fatto nascere ricorrendo all’utero "in affitto" di una giovane thailandese, ha provocato una pioggia di condivisioni e di commenti sulla pagina Facebook di Avvenire. Lo sconcerto maggiore è quello verso il comportamento dei " committenti". «Non si meritano di essere genitori», scrive qualcuno. E c’è chi, come Maria Cristina Tebaldi, dice: «Non sanno quanto affetto perdono...». Amara la sintesi di Roberto Lucchese: «È la logica del mercato: loro hanno pagato per un bambino sano. Come quando si compera una nuova auto, mica la tieni se ha un difetto di fabbrica...». Parlando di «puro egoismo», Luigina Sgrazzutti riflette sul fatto che «chi soffrirà di più come saranno le creature innocenti fatte nascere da cuori chi ha voluto solo soddisfare il proprio io». E tanti sono i pensieri per il piccolo Gammy e per la sua gemella, accettata e portata con sé dalla coppia di genitori biologici perché sana. «Li voglio io! Qualcuno mi sa dire come fare?» esclama Stefania Mammano. Molte mamme fanno il tifo per Gammy («bellissimo!»), che ha seri problemi di salute e in questo momento è ricoverato in ospedale per un’infeziona grave: «Forza piccolo - scrive Sara Liberto - Questa è la china vergognosa che sta prendendo il nostro mondo...». E James Marlboro pensa a quando un giorno la sorellina «verrà a saper di avere un fratello» che è stato rifiutato, e «con con il quale ha condiviso la cosa più bella del mondo». Cioè il dono della vita. La pratica dell'utero in affitto è l’altro argomento preso di mira sul social: «I figli non sono piu dono di Dio o esseri umani ma merce di scambio - commenta Massimo Graziosi - e, come degli oggetti, quando non sono perfetti o super belli vengono rifiutati». Lucia Passalacqua propone sarcasticamente «il diritto di recesso anche sui figli, come su tutto ciò che si acquista. Sette giorni per decidere se il figlio è conforme all’ordine o meno». Per Gilberto Ricolfi «non è questione di essere cristiani o non cristiani, ma di chiederci cosa vuol dire essere uomini...»
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