sabato 20 gennaio 2018
Ha colpito l'opinione pubblica francese la storia di Arthur Kermalvezen, 34 anni, concepito con fecondazione eterologa, che ha voluto trovare il suo padre biologico. Riuscendoci. Ecco come.
La storia di Arthur, figlio della provetta, in cerca del (vero) papà
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In Francia si sono aperti il 18 gennaio gli "Stati generali della bioetica", l’ampia consultazione civile in vista della revisione obbligatoria della legge quadro sulla bioetica. Saranno anche un’occasione preziosa per dare risalto a rivendicazioni d’intere categorie di cittadini.
Nelle ultime settimane lo si è compreso pure a proposito della delicata questione dell’anonimato dei donatori di gameti nel quadro della fecondazione assistita eterologa. Un segreto che per il momento resta assoluto in Francia, sollevando scottanti interrogativi a proposito del diritto alla conoscenza delle proprie origini. Le proteste si acuiscono anche oltralpe, dopo l’ampia attenzione riservata alla questione negli Stati Uniti. Ma lo scenario è complesso. Gli stessi nati da eterologa non sembrano concordi, come mostra la varietà di orientamenti dei collettivi apparsi negli ultimi anni.
A influenzare il dibattito sono anche le storie di persone che si battono per infrangere il diaframma del segreto e tentare di conoscere il volto del donatore all’origine della propria nascita. Fra questi, anche il 34enne Arthur Kermalvezen, a cui la stampa transalpina in questi giorni ha dato ampia visibilità. La sua volontà assoluta di rischiarare quell’insopportabile zona d’ombra nella propria traiettoria esistenziale è stata ricompensata, dopo ricerche dal sapore romanzesco a cavallo fra due continenti, e dopo aver pure infranto la vigente legge francese.
Lo scorso settembre, assieme a una decina di altri connazionali nati da eterologa, Arthur, con l’accordo della moglie, ha acquistato su un sito Internet americano un kit che permette di effettuare test genetici. Un’operazione illegale in Francia. Circa tre settimane dopo aver inviato per posta i risultati dei test, Arthur riceve dalla società americana l’esito della verifica comparativa dei dati, effettuata sfruttando una gigantesca banca dati legale sull’altra sponda dell’oceano. L’azienda informa Arthur che esiste in Gran Bretagna un profilo genetico simile al suo. Arthur si affretta allora a contattare questo presunto parente genetico, prima di studiarne la linea genealogica. È proprio questa mossa a rivelarsi decisiva, assieme a nuove ricerche deduttive effettuate su Internet. Il donatore a lungo ricercato vive nella stessa regione parigina dove risiede Arthur. La sera di Natale Arthur ha ricevuto la chiamata di un settantenne che si dice pronto a incontrarlo. Il muro è definitivamente crollato.
C’è da chiedersi se storie come quella di Arthur spingeranno l’esecutivo e la maggioranza attorno al presidente Emmanuel Macron a includere la questione fra quelle considerate nella revisione legislativa vera e propria, il cui capitolo parlamentare è previsto a partire dall’autunno. La questione resta aperta. Secondo un recente sondaggio realizzato per il quotidiano cattolico La Croix, l’85% degli intervistati è favorevole a conservare l’anonimato del donatore. Ma non pochi esperti di bioetica, considerano l’anonimato assoluto rispettato in Francia come «un’anomalia».

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