martedì 21 febbraio 2017
È morto a Crotone a 88 anni Giuliano Dolce, neurologo di fama mondiale, che aprì la strada a studi rivoluzionari sugli stati vegetativi, contribuendo a cambiare le conoscenze e la stessa definizione.
Addio a Giuliano Dolce, pioniere degli stati di «minima coscienza»
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È stato uno dei pionieri mondiali degli studi sugli stati vegetativi (ma è più appropriato dire, proprio grazie a lui, di «minima coscienza»), a partire dalla convinzione umana e non solo scientifica che "dentro" l’involucro di un corpo che pare ridotto a organismo biologico con le sole funzioni vitali di base ancora attive e senza alcuna risposta sia invece presente ancora qualche forma di coscienza da sondare, conoscere e con la quale tentare una comunicazione, fosse pure assolutamente elementare. Con Giuliano Dolce, il grande neurologo morto martedì 21 febbraio a Crotone a 88 anni, se ne va un caposcuola e insieme un profeta, uno di quei medici capaci di aprire una strada del tutto nuova nel nome di una visione più ampia dell’uomo e della sua natura e insieme della scienza e delle sue possibilità al servizio della persona.

Non più "vegetativi"


Nativo di Pola, Dolce contribuì in modo decisivo a inaugurare gli studi sulla "minima coscienza" proprio perché i pazienti in "stato vegetativo" per la medicina ufficiale erano i casi più emarginati presentandosi con un quadro clinico enigmatico, con una patologia a tempo indeterminato, apparentemente insensibili a ogni terapia e privi di possibili miglioramenti. Dolce riportò i "vegetativi" – definizione che già esprime una sorta di disprezzo verso casi considerati irrecuperabili – dall’estrema periferia al centro dell’attenzione clinica. E attorno alla passione per decifrare il mistero di quel silenzio costruì la grande avventura dell’Istituto Sant’Anna di Crotone, realizzato non a caso lontano dalle capitali della scienza medica, facendone il primo e unico centro nel Mezzogiorno per i risvegli (così voleva che fosse definito) e la riabilitazione di chi usciva dalla terra incognita del silenzio e del buio. Era il 1996, e anche dalla scuola crotonese è partita l’onda per una svolta mondiale approdata agli studi rivoluzionari di Adrian Owen, Steven Laureys e altri su quella che è stata poi ribattezzata – usando parole scelte con estrema cura – "sindrome di veglia aresponsiva" con diagnosi riscritte e casi eclatanti di comunicazione là dove i medici si erano arresi da anni. A Crotone la scuola di Dolce ha realizzato negli anni macchine per la riabilitazione frutto dell’inventiva e dell’impegno del neurologo per aprire una nuova pagina nella vita di pazienti che tutti avevano dato per inerti, persi, spacciati.

La vicenda Englaro


La profezia di Dolce lo portò a prendere una posizione coraggiosa e controcorrente durante la drammatica vicenda di Eluana Englaro opponendosi strenuamente alla sua fine procurata con la sospensione della nutrizione assistita. Fu tra i pochi a poter visitare la giovane lecchese, raccontando poi ad «Avvenire» che Eluana aveva mantenuto la capacità di deglutire autonomamente e che prima di ogni decisione sul suo destino, deciso da sentenze di tribunale e della Cassazione, sarebbero stati doverosi altri esami per accertarne il reale stato alla luce delle più recenti conoscenze scientifiche, accertamenti che invece non furono effettuati. Nell’ultima intervista ad Avvenire, nel giugno 2016, Dolce – al quale centinaia di famiglie di disabili gravi sono legate da un vincolo di affetto e di riconoscenza – parlò di malattia e Giubileo della misericordia, un tema che gli era molto caro: «Prima di dedicarmi agli stati vegetativi – confidò – ero un medico interessato alle malattie ma non molto ai malati. Stare accanto a queste persone, invece, ha cambiato la mia anima».

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