giovedì 29 maggio 2025
La legge, di dubbia costituzionalità, prevede che per avere ovunque personale per le Ivg vengano esclusi medici che fanno obiezione di coscienza. Una vera emergenza? I dati ministeriali dicono altro
Palazzo dei Normanni, sede dell'Assemblea regionale siciliana a Palermo

Palazzo dei Normanni, sede dell'Assemblea regionale siciliana a Palermo - .

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La Regione Sicilia ha deciso di introdurre l'obbligo di assumere medici non obiettori di coscienza nelle strutture ospedaliere pubbliche allo scopo di garantire piena attuazione della legge 194 del 1978 ed evitare che ci possano essere strutture prive di personale disponibile a praticare aborti. Lo prevede una norma approvata il 27 maggio dall'Assemblea regionale siciliana, nell'ambito di un disegno di legge in materia di sanità, passato in aula col voto segreto. La Regione è guidata da una maggioranza centrodestra e presieduta da Renato Schifani (Forza Italia). Per i promotori è «una battaglia di civiltà che ho portato avanti con determinazione, insieme a tutto il gruppo del Pd. Oggi siamo più vicini a un traguardo storico per la sanità siciliana – dice il deputato regionale del Pd Dario Safina –. Il nostro obiettivo è che il diritto all'interruzione volontaria della gravidanza sia reale, non solo teorico. Troppe siciliane si sono scontrate finora con un muro fatto di carenze organizzative e di un altissimo numero di obiettori, che in Sicilia supera l'85% tra i ginecologi. Con questa norma, poniamo le basi per un sistema sanitario più equo, efficiente e rispettoso dei diritti di tutte». Una situazione che tuttavia, più che indurre a discriminare i medici per l’assunzione in base alle loro convinzioni personali, pone obblighi in capo alla Regione in termini di organizzazione del lavoro: come dimostra da anni la relazione al Parlamento del Ministero della Salute sull’attuazione della legge 194, la carenza di personale sanitario non obiettore è concentrata su singole strutture e richiede un migliore riparto del personale, visto che i carichi di lavoro per i medici che accettano di praticare aborti sono assai modesti quando si considera il dato medio generale: a livello nazionale si parla di 1,6 aborti a settimana per ogni medico non obiettore, un dato che in Sicilia sale a 3. Non solo: le strutture nelle quali è attivo un “punto Ivg” sono pari alla metà del totale, una situazione superiore a quella di numerose altre Regioni. Il testo approvato in aula prevede procedure concorsuali dedicate esclusivamente a medici non obiettori e l'obbligo per le aziende sanitarie di provvedere tempestivamente alla loro sostituzione qualora dovessero cambiare idea, per garantire la continuità del servizio. Come questo possa essere compatibile con l’eguaglianza di tutti i cittadini a prescindere dalle loro idee, su un diritto fondamentale come il lavoro poi, è davvero difficile comprenderlo. Ma la scelta politica, che ha anche un evidente risvolto morale, è stata fatta. (Francesco Ognibene)
Ecco il giudizio che esprime al riguardo Pino Morandini, componente del direttivo nazionale del Movimento per la Vita italiano.

L’Assemblea regionale siciliana ha approvato un provvedimento che consente alle Asl di dotarsi di «idoneo personale non obiettore di coscienza». Siffatta clausola escludente dà vita a un paradosso umano e legislativo. L’obiezione di coscienza infatti postula un conflitto tra contrapposti doveri dettati dalla norma esterna (legge o comando dell’autorità) e dalla norma interna (coscienza). Consta non solo di un atto negativo (non fare) ma soprattutto nell’atto positivo di testimoniare una verità considerata più grande e più vincolante della legge. Il diritto non può non dare rilievo alla coscienza morale.

Per questo in primis sconcerta la menzionata legge regionale, che fa strame di quel talamo riservatissimo di ogni persona, capace di orientarla in scelte delicate. Come sconcerta la disparità di trattamento che penalizza l’obiezione all’aborto rispetto ad altre obiezioni (al servizio militare, alla sperimentazione sugli animali). Tanto più se si pensa che la difesa della vita umana è esattamente la ragione per cui sussistono gli Stati e i loro ordinamenti giuridici.

La suaccennata statuizione regionale solleva inoltre svariati profili di illegittimità. Non solo perché viola la stessa legge 194/78, che prevede e tutela il diritto all’obiezione di coscienza (art.9); non solo perché in contrasto con l’articolo 117 Costituzione, per il quale le Regioni sono tenute al «rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali», per di più quando sono dotate di competenza legislativa concorrente; non solo perché violativa dello stesso articolo 3 della Carta (principio d’eguaglianza), discriminando i medici obiettori, in tal modo violando anche l’articolo 4 (diritto al lavoro), ma perché infrange l’articolo 21 (libertà di manifestazione del pensiero) e pure il 13, atteso che la libertà psicofisica del corpo e della mente non può non ricomprendere anche la libertà di coscienza.

Si pone altresì in contrasto con l’articolo 19 della Carta, in quanto il diritto di libertà religiosa è comprensivo della libertà di coscienza. E viola pure l’articolo 2, che riconosce i diritti inviolabili dell’uomo, tra cui non può non rientrare la libertà di coscienza.
Sullo sfondo si colloca la giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenza 467/91) per la quale l’obiezione di coscienza è diritto fondamentale costituzionalmente garantito. Perché allora tanto accanimento contro i medici obiettori? Testimoniano un silenzioso richiamo per tutte le coscienze sul valore della vita e i diritti del nascituro.

Perché invece non si lavora insieme per prevenire l’aborto, così evitando traumi alle donne, rispettando la coscienza dei medici, salvando tante vite umane, contrastando l’inverno demografico? Questo fa il Movimento per la Vita.

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