«La vita è un dono, non un diritto acquisito. Leone ci spinge a cose grandi»
di Redazione
A Tor Vergata, alla Veglia e alla Messa per il Giubileo, tra più di un milione di ragazzi da tutto il mondo, erano presenti anche i giovani del Movimento per la Vita. Ecco i loro appunti

«Carissimi giovani, a scegliere si impara attraverso le prove della vita, e prima di tutto ricordando che noi siamo stati scelti. Tale memoria va esplorata ed educata. Abbiamo ricevuto la vita gratis, senza sceglierla! All’origine di noi stessi non c’è stata una nostra decisione, ma un amore che ci ha voluti». Con queste parole papa Leone si è rivolto ai giovani riuniti a Tor Vergata durante la veglia del Giubileo, il 2 agosto.
Più di un milione di giovani, un’esplosione di vita, gioia pura condivisa da persone provenienti da ogni angolo del mondo: tra loro anche una rappresentanza dei volontari del Movimento per la Vita. Il Santo Padre centra subito il bersaglio: la vita è un dono, non un diritto acquisito, e ci richiama al valore sacro dell’esistenza umana dal principio: afferma infatti che all’origine di noi stessi c’è un amore che ci precede, ci dà senso e ci supera. È questo uno dei pilastri del Movimento per la Vita che da anni si impegna a difendere la vita nascente e costruire una cultura della vita e della speranza.
Più di un milione di giovani, un’esplosione di vita, gioia pura condivisa da persone provenienti da ogni angolo del mondo: tra loro anche una rappresentanza dei volontari del Movimento per la Vita. Il Santo Padre centra subito il bersaglio: la vita è un dono, non un diritto acquisito, e ci richiama al valore sacro dell’esistenza umana dal principio: afferma infatti che all’origine di noi stessi c’è un amore che ci precede, ci dà senso e ci supera. È questo uno dei pilastri del Movimento per la Vita che da anni si impegna a difendere la vita nascente e costruire una cultura della vita e della speranza.
Il Pontefice afferma che «tutti gli uomini e le donne del mondo nascono figli di qualcuno. La nostra vita inizia grazie a un legame ed è attraverso legami che noi cresciamo». Ci invita così a recuperare l’identità di figli, a riscoprirne il significato liberante: non siamo noi ad autodeterminarci spesso indossando maschere per conformarci alla società, né gli altri ad affibbiarci etichette nelle quali finiamo per riconoscerci con l’inganno, siamo prima di tutto figli amati, proveniamo da qualcuno, non siamo soli. Questo legame all’origine di noi stessi ci permette di costruire tutti gli altri legami significativi nella nostra vita: è così che possiamo essere fratelli e amici.
Il Papa continua dicendo che «si dimostra davvero amico chi ci aiuta a riconoscere e rinnovare questa grazia nelle scelte che siamo chiamati a prendere». Ed è qui che si inserisce il lavoro educativo del Movimento per la Vita, che si impegna ad accompagnare i giovani verso questa consapevolezza, attraverso seminari, incontri, testimonianze, proprio come accadrà a Palermo a fine agosto durante il Semonario Quarenghi estivo, un campo di formazione e condivisione dal titolo “Quale rotta?” che affronterà temi che si intrecciano perfettamente con il discorso del Papa: pienezza, autenticità, legami, vita, amore.
Il Papa lancia un appello accorato: «Aspirate a cose grandi, alla santità, ovunque siate. Non accontentatevi di meno». Questo è un invito che nutre il messaggio pro-life: non accontentarsi della cultura dello scarto, non rassegnarsi a un sistema che promuove l’eliminazione della vita come soluzione ai problemi, non indietreggiare davanti agli ostacoli sociali, economici, legislativi, non aver paura di andare controcorrente; aspirare piuttosto a cose grandi, sognare senza aver paura di essere disillusi, essere protagonisti del cambiamento culturale, non rinunciare all'impegno, mettersi in gioco per difendere i più deboli, a partire dai bambini non ancora nati.
Questo invito si traduce nelle iniziative concrete che il Movimento per la Vita promuove: formazione, ascolto, accoglienza e sostegno alle donne in difficoltà, per far sì che la scelta della vita sia sempre possibile. Aderire a questo invito del Papa implica compiere delle scelte radicali e coraggiose, spendersi per un ideale, dedicarsi a una causa che faccia ardere il cuore e impegnarsi per alimentare la fiamma così che non si spenga mai la speranza di una vita piena.
Alla domanda dei giovani su dove trovare il coraggio per compiere scelte radicali e cariche di significato il Pontefice risponde così: «La scelta è un atto umano fondamentale. Osservandolo con attenzione, capiamo che non si tratta solo di scegliere qualcosa, ma di scegliere qualcuno. Quando scegliamo, in senso forte, decidiamo chi vogliamo diventare. La scelta per eccellenza, infatti, è la decisione per la nostra vita: quale uomo vuoi essere? Quale donna vuoi essere?».
Ognuno di noi è chiamato a riflettere ricordando che si può trovare una risposta a queste domande esistenziali soltanto rispondendo ogni giorno a una chiamata ben precisa: la chiamata ad amare. Continua il Santo Padre: «Ecco scelte radicali, scelte piene di significato: il matrimonio, l’ordine sacro, e la consacrazione religiosa esprimono il dono di sé, libero e liberante, che ci rende davvero felici. E lì troviamo la felicità: quando impariamo a donare noi stessi, a donare la vita per gli altri». E ci mostra così una rotta, ci invita a orientare la nostra bussola considerando come stella polare il dono di sé che si declina, nella proposta cristiana, nella vocazione al matrimonio, alla vita consacrata, alla maternità e alla paternità.
Queste scelte sono sempre un “Sì” alla vita, in cui possiamo trovare senso e verità: «La verità, infatti, è un legame che unisce le parole alle cose, i nomi ai volti», così le parole diventano concrete, e l’amore non è più un concetto astratto ma un «io che dialoga con un tu», «un io che esiste solo insieme a un tu». In questo orizzonte si muove il Movimento per la Vita invitando i giovani a mettersi in cammino per la via della felicità non spegnendo la sete di pienezza con surrogati vuoti, ma cercando il “di più” che si può raggiungere con il dono di sé.
Queste scelte sono sempre un “Sì” alla vita, in cui possiamo trovare senso e verità: «La verità, infatti, è un legame che unisce le parole alle cose, i nomi ai volti», così le parole diventano concrete, e l’amore non è più un concetto astratto ma un «io che dialoga con un tu», «un io che esiste solo insieme a un tu». In questo orizzonte si muove il Movimento per la Vita invitando i giovani a mettersi in cammino per la via della felicità non spegnendo la sete di pienezza con surrogati vuoti, ma cercando il “di più” che si può raggiungere con il dono di sé.
Le potenti parole di papa Leone sono rimaste incise nei cuori dei giovani presenti a Tor Vergata. In particolare, alcuni ragazzi attivi nel Movimento per la Vita hanno condiviso i loro pensieri che gridano un messaggio molto chiaro: vogliamo spendere la vita perché tutti possano vivere, siamo sì, la gioventù del Papa, ma siamo anche la gioventù del risveglio, vogliamo scuotere le coscienze, amare la vita e spenderla per gli altri. Lasciamo spazio alla voce dei giovani che ci offrono uno sguardo carico di speranza.
«Siamo sempre in viaggio – è la testimonianza di Chiara, da Salerno –, non importa se stiamo andando avanti o indietro: ciò che conta è camminare in una direzione che abbia una meta. Del resto, come potremmo liberarci della nostra natura di viaggiatori, se già al quinto giorno di vita intrauterina eravamo in viaggio per raggiungere una nuova, seppur temporanea, casa (l’utero della nostra mamma)? Anche la giornata di sabato 2 agosto è iniziata con una lunga camminata verso Tor Vergata, il luogo che avrebbe accolto il nostro incontro con Papa Leone. È stata una marcia scandita da pause, sorrisi, canti, riposo e condivisioni di ogni tipo: firme sulle magliette, cibo, acqua. E si è conclusa solo dopo aver raggiunto il punto in cui ci saremmo accampati per la notte. Ma anche una volta sistemati, chi è davvero rimasto fermo? C’era chi si muoveva per esplorare la zona, per cercare l’acqua, per andare in bagno, per scoprire da dove provenissero i canti o per ritrovare amici persi tra la folla. Anche noi, giovani a sostegno della vita, ci siamo ritrovati con gioia, condividendo ancora una volta un momento di fraternità che porteremo nel cuore. Nel Vangelo si legge che erano in cammino anche i discepoli di Emmaus, mentre tornavano a casa con il volto affranto e deluso, senza alcuna speranza.
Mi ha colpito la storia di questi due uomini che, nonostante la tristezza, durante il loro viaggio non hanno rifiutato la compagnia di un estraneo, decidendo di non restare soli nel loro dolore, ma di condividerlo. Spesso mi stupisce la facilità con cui le donne che aiutiamo aprono il cuore a noi, volontari dei Centri di Aiuto alla Vita. Lo fanno con spontaneità, raccontando le loro storie, ma soprattutto il loro presente: un presente spesso carico di smarrimento, delusione e dolore. Mi sorprende che non ci respingano, nonostante siamo – in un certo senso – degli estranei nella loro vita. La spiegazione che ho trovato è semplice ma profonda: con la nostra presenza, in quel momento di sofferenza, diventiamo una prova concreta. La prova che nessuno, nemmeno chi sta vivendo la stagione più terribile della sua esistenza, desidera restare solo. Perché la verità è che nessuno si salva da solo».
«A Tor Vergata – prosegue Chiara – tutto parlava di vita, gli occhi lucidi dei canadesi emozionati, i tamburelli degli spagnoli entusiasti, i balli dei gruppi neocatecumenali, le bandiere colorate, giovani da tutte le parti del mondo, eppure sembrava di essere un unico cuore pulsante. Ho intuito il significato del “corpo mistico della Chiesa”, eravamo un solo corpo e un solo spirito, eravamo la chiesa che sogno; tutti i colori assieme, tutte le lingue assieme, i confini erano solo geografici, i giovani hanno gli stessi sogni in America e in Asia, le stesse paure, la stessa sete di Dio. Eravamo fratelli. Durante il discorso del papa ho pensato spesso che le sue parole fossero perfette per essere utilizzate, una volta tornata a casa, negli incontri formativi che il Cav di cui faccio parte organizza per i giovani, e infatti ho salvato tutto sul pc, ma se anche non l'avessi fatto, alcune parole resteranno indelebili nella memoria del mio cuore, soprattutto gli inviti alla santità e a vivere per cose grandi. L'impegno per la vita nascente è qualcosa di grande? Me lo sono chiesto, non posso essere io a rispondere, ma so che è la mia chiamata. So che ardo per questo, che un bimbo strappato alla morte mi riempie il cuore di gioia più che qualsiasi altra cosa.
«A Tor Vergata – prosegue Chiara – tutto parlava di vita, gli occhi lucidi dei canadesi emozionati, i tamburelli degli spagnoli entusiasti, i balli dei gruppi neocatecumenali, le bandiere colorate, giovani da tutte le parti del mondo, eppure sembrava di essere un unico cuore pulsante. Ho intuito il significato del “corpo mistico della Chiesa”, eravamo un solo corpo e un solo spirito, eravamo la chiesa che sogno; tutti i colori assieme, tutte le lingue assieme, i confini erano solo geografici, i giovani hanno gli stessi sogni in America e in Asia, le stesse paure, la stessa sete di Dio. Eravamo fratelli. Durante il discorso del papa ho pensato spesso che le sue parole fossero perfette per essere utilizzate, una volta tornata a casa, negli incontri formativi che il Cav di cui faccio parte organizza per i giovani, e infatti ho salvato tutto sul pc, ma se anche non l'avessi fatto, alcune parole resteranno indelebili nella memoria del mio cuore, soprattutto gli inviti alla santità e a vivere per cose grandi. L'impegno per la vita nascente è qualcosa di grande? Me lo sono chiesto, non posso essere io a rispondere, ma so che è la mia chiamata. So che ardo per questo, che un bimbo strappato alla morte mi riempie il cuore di gioia più che qualsiasi altra cosa.
So che ascoltare una mamma in difficoltà è faticoso ma è una carezza al suo cuore, so che comprare pannolini e omogeneizzati può essere noioso ma toglierà un piccolo peso ad una mamma impossibilitata, so che organizzare un incontro con dei giovani provoca ansia ma tornano sempre a casa con mille domande che prima non avevano. So che così si costruisce la cultura della vita ed io voglio far parte degli operai, desidero mettere i mattoni, o anche solo una piccola pietra. Il Papa ha detto: “Noi pure, cari amici, siamo fatti così: siamo fatti per questo. Non per una vita dove tutto è scontato e fermo, ma per un’esistenza che si rigenera costantemente nel dono, nell’amore". E queste parole saranno pane che nutrirà il mio impegno per la vita nascente!».
Se vogliamo continuare a parlare di vita la rotta è chiara: scommettiamo sui giovani, liberi, coraggiosi e capaci di visioni grandi, scommettiamo sulla loro sete di giustizia, sul loro desiderio di collaborare per costruire una società che custodisca la vita, dall'inizio alla fine.
Se vogliamo continuare a parlare di vita la rotta è chiara: scommettiamo sui giovani, liberi, coraggiosi e capaci di visioni grandi, scommettiamo sulla loro sete di giustizia, sul loro desiderio di collaborare per costruire una società che custodisca la vita, dall'inizio alla fine.
Equipe Giovani del Movimento per la Vita
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