In ogni vita la rivoluzione del “nuovo”

Nel confuso passaggio d’epoca che stiamo vivendo il messaggio del Natale ci riporta alla certezza che nessuno sviluppo realmente umano sarà possibile se non avrà al centro la vita più povera, piccola, ignorata.
December 23, 2025
In ogni vita la rivoluzione del “nuovo”
Pochi giorni fa mi è capitato tra le mani il documento preparatorio della 47esima Settimana sociale (Torino, settembre 2013). A un certo punto c’è scritto: «La nuova stagione e i caratteri che avrà saranno il prodotto di ciò che il mondo cattolico sta maturando durante questa dissolvenza, durante questa fase del suo passaggio da una scena all’altra della vita del Paese». Sui cattolici, dunque, grande responsabilità.
Sono stimolata dalle parole “nuova” e “dissolvenza”. Qual è il criterio per comprendere se siamo di fronte al “nuovo” e se lo stiamo veramente costruendo? Evidentemente non basta il dato cronologico (ci sono un prima e un dopo). Qual è dunque la novità da costruire? Quello che passa come “novità” può essere semplicemente “diverso” ma non contenere nessun elemento di novità sostanziale rispetto al passato. Per esempio, il “diritto di aborto” – un vero e proprio scempio – protagonista assoluto dei cosiddetti “nuovi diritti civili”, tanto, purtroppo, sbandierato in questi giorni mediante l’iniziativa dei cittadini europei “My voice, my choice” e vergognosamente accettata, altro non è che la riproduzione adattata a questa epoca del vecchio “Ius vitae ac necis” che l’antico diritto romano riservava al pater familias nei confronti dei figli neonati. Adesso lo “ius necis” è rivendicato nei confronti delle donne per i figli custoditi nel grembo. Chiediamoci: sono “nuovi” i diritti che aprono le frontiere della sopraffazione dell’uomo sull’uomo? Che “novità” è quella di mescolare le carte in tavola chiamando libertà, progresso e civiltà l’aggressione diretta contro piccole creature innocenti, pretendendo che l’aggressione sia il più possibile agevolata e approvata dagli Stati? Con la censura e la menzogna si copre la semplice verità: sono esseri umani uguali in dignità a tutti gli esseri umani. Dunque anche loro persone, titolari del più basilare dei diritti: quello di vivere. E se le donne che li cullano in seno – che relazione speciale! - attraversano difficoltà e disagi, la solidarietà è chiamata a farsi condivisione e prossimità per la serenità della donna e per la vita di quel figlio. Ecco il nuovo! Il riconoscimento del valore, della preziosità, di ciascun uomo, nato o non ancora nato che sia, giovane o anziano, sano o malato, cittadino o straniero, migrante, profugo o stanziale, ricco o indigente, sciocco o intelligente, amico o nemico, innocente o colpevole... e potremmo andare ancora avanti. Il nuovo – e con esso la civiltà e il progresso – avanza tutte le volte che categorie di esseri umani ritenuti “cose”, “non pienamente esseri umani”, “non persone” ecc. vengono riconosciuti accolti nella società degli uomini. Si tratta di un “nuovo” che si rinnova sempre quando un figlio è concepito e “grembo” non è solo quello della mamma ma anche quello della coppia, della famiglia, della società. Vecchio è lo scarto, vecchia è la violenza, vecchia è la guerra (è guerra anche quella contro i concepiti minacciati di morte e di fatto distrutti a migliaia ogni giorno nel seno materno o nelle provette dei laboratori biotecnologici). Nuova è la pace, la riconciliazione, l’accoglienza, la prossimità, il crollo del muro ideologico che impedisce di vedere il volto dell’altro anche in colui che apparentemente è il più insignificante.
Veniamo alla “dissolvenza”. Non vi è dubbio che il tempo che stiamo vivendo ha visto il progressivo dissolversi sul piano sociale, giuridico e politico del valore della vita umana che inizia o che è colpita dalla malattia e/o dalla disabilità, così come del valore della complementarità sessuale maschile-femminile. Chiediamoci cosa si è dissolto veramente sotto l’incessante incalzare delle forze disgreganti il valore della vita e della famiglia: il valore o le motivazioni che lo sostenevano? Le profonde trasformazioni sociali avviate dagli anni Settanta del secolo scorso, e che identificano il “cambio d’epoca” di cui tanto si parla, non impongono l’archiviazione del valore ma pongono una domanda di senso, di autenticità: chiedono nuove ragioni per comprendere il valore. Ancora una volta è il nuovo che ci chiama: a scoprire il “perché” autentico del valore – della vita, della famiglia, delle relazioni – a offrire alla società assetata di verità e di amore ragioni nuove, cariche di speranza, che appaghino il cuore umano poiché risponde a esso. La “dissolvenza” non fa paura ma invita a liberarsi dalle rigidità dei pregiudizi, dagli schematismi della “destra” e della “sinistra”, dai “muri” delle ideologie, per costruire su basi solide l’avvenire. «Ai cristiani è dato attraversare questo nostro formidabile tempo non piangendo sui distrutti valori di un passato che non tornerà ma anzi animosamente orientando con essi – totalmente purificati da ogni scoria accessoria – il futuro dell’intera umanità». La “questione della vita nascente” è esemplare e chiarificatrice. Essa è eminentemente questione sociale, non soltanto morale, ma centrale, civile, perché non è possibile far maturare una vera nuova stagione se non si ripone al centro l’uomo – il più piccolo, il più povero, il più scacciato e calpestato – e il tema dell’aborto in forma lucida ci propone esattamente questo, impegnando a fondo i concetti di libertà, verità, eguaglianza, laicità, solidarietà, giustizia, democrazia. Che oggi occorra una nuova ripartenza, un nuovo slancio nel campo culturale, civile, sociale, politico, è evidente. Sappiamo qual è il punto di partenza. Lo comunica con chiarezza il presepe allestito in Aula Paolo VI in Vaticano: Maria, la Madre, la Donna che porta in grembo il figlio. Che questa intensa raffigurazione solleciti per tutti anche la maturazione di una nuova stagione nel passaggio da una scena all’altra della vita del Paese.
Marina Casini è presidente del Movimento per la Vita italiano

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