Legge “anti-obiettori”, il Governo contro la Regione Sicilia
Impugnato davanti alla Corte costituzionale su proposta dei ministri Schillaci e Roccella il provvedimento che introduce concorsi per gli ospedali pubblici riservati a medici non obiettori

Il Governo ha impugnato davanti alla Corte costituzionale la legge 23 della Regione Sicilia, approvata il 5 giugno da una maggioranza trasversale (27 sì e 21 no), che prevede l’obbligo negli ospedali pubblici di assumere medici e personale sanitario che non siano obiettori di coscienza. Quella del Consiglio dei ministri di lunedì 4 agosto, su proposta dei ministri della Salute Orazio Schillaci e della Famiglia Eugenia Roccella, è una decisione largamente annunciata: la legge regionale presenta evidenti profili di contrasto con la Costituzione, che esclude tassativamente la distinzione dei cittadini italiani in base alle loro idee, e dunque anche alla convinzioni etiche. Un’evidenza alla quale il Comitato nazionale per la Bioetica aveva dedicato un suo celebre parere («Obiezione di coscienza e bioetica», 12 luglio 2012) che attingeva a un’ampia letteratura giuridica per dimostrare che l’obiezione di coscienza è un diritto di rango costituzionale.
La legge della Regione Sicilia, varata con voto a scrutinio segreto su richiesta dei deputati della maggioranza di centrodestra, prevede concorsi dedicati esclusivamente a medici non obiettori con l’obbligo per le Aziende sanitarie di sostituirli qualora dovessero cambiare idea per garantire continuità al servizio di interruzione di gravidanza.
«L’obiezione di coscienza rappresenta l’espressione più autentica della libertà personale, religiosa, morale e intellettuale. Per tale motivo apprendiamo favorevolmente l’impugnativa» affermano il senatore e capogruppo di Fratelli d’Italia in Commissione Insularità, Raoul Russo, e Carolina Varchi, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera in commissione giustizia. «La legge 194 – aggiungono – garantisce appieno tutti i diritti in campo e in Sicilia non vi è alcun problema legato alla sua concreta applicazione. La legge impugnata da Roma aveva un carattere strumentale. Va garantita a tutti la possibilità di partecipare a un concorso pubblico». Il Pd, promotore della legge, promette battaglia: «Lo Stato ha deciso di impugnare una norma di civiltà – dichiara Dario Safina, deputato regionale e primo firmatario del provvedimento –. Una legge che non limita nessuno, ma garantisce ciò che già dovrebbe essere garantito per legge: il diritto delle donne a scegliere, e a farlo nei tempi e nei modi previsti dalla legge 194. Non un privilegio, ma un diritto. E io dico con forza: non arretreremo di un passo».
L’approvazione della legge era stata fortemente criticata dal Movimento per la Vita: «Perché tanto accanimento contro i medici obiettori? – si era chiesto Pino Morandini, del direttivo nazionale . Testimoniano un silenzioso richiamo per tutte le coscienze sul valore della vita e i diritti del nascituro. Perché invece non si lavora insieme per prevenire l’aborto, così evitando traumi alle donne, rispettando la coscienza dei medici, salvando tante vite umane, contrastando l’inverno demografico? Questo fa il Movimento per la Vita».
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