Una casa che “crolla”? Delpini e l’esame di coscienza che Milano deve saper fare

I segni di una crisi sono dentro la stessa corsa della metropoli per crescere: per affrontarli bisogna chiamarli per nome. Il discorso di sant’Ambrogio dell’arcivescovo di Milano non può essere archiviato senza prendere sul serio le questioni che pone
December 6, 2025
Una casa che “crolla”? Delpini e l’esame di coscienza che Milano deve saper fare
L'arcivescovo di Milano monsignor Mario Delpini durante il Discorso alla Città per Sant'Ambrogio/ ANSA
Dall’euforia allo scoramento è un attimo. Milano sembra aver archiviato il clima entusiastico conosciuto dopo l’Expo 2015, quando tutto sembrava possibile, e molto si faceva per attirare investimenti, lavoro, giovani in cerca di futuro. Un decollo verticale come i suoi nuovi grattacieli, per uno sviluppo che però ha lasciato indietro troppi “nuovi esclusi”, chi prova a restare aggrappato al treno della crescita ma a un certo punto non ce la fa. E adesso la metropoli che con le Olimpiadi invernali si accinge ad affrontare un altro potenziale punto di svolta si accorge di avere il fiato corto, che non sa cosa sta diventando, e che la voce dei “perdenti” si va facendo insostenibile per un “cuore in mano” che non ci sta a essere solo proverbiale.
L'arcivescovo pronuncia il Discorso alla Città
L'arcivescovo pronuncia il Discorso alla Città
Chi ha ormai ben presente questa stonatura sullo spartito del successo non è perciò rimasto sorpreso dal tono alto e severo del Discorso alla Città che l’arcivescovo Mario Delpini ha pronunciato nella vigilia della festa patronale. Perché, fedele ad Ambrogio, il pastore ha parlato chiaro. Molto chiaro. Troppo, forse, per qualcuno che i profeti preferirebbe sentirli parlare solo a comando. Ma Ambrogio non era un tipo accomodante, e nel tempo in cui si facevano nitidi i segnali di crisi dell’Impero romano non esitò ad appellarsi alle «virtù dei suoi cittadini», come ha ricordato il suo successore. Che ha fatto ricorso a immagini potenti: «L’impressione del crollo imminente di una civiltà, della rovina disastrosa di una città – ha esordito, facendo capire la serietà del momento – segna non raramente la storia di Milano». E davanti a «segni preoccupanti e minacce di crollo», che l’hanno spinto a evocare l’evangelica casa minacciata da ogni sorta di insidia, ha invitato a chiedersi se «veramente il declino della nostra civiltà è un destino segnato». Esagera – avrà pensato qualcuno –, fuori le prove.
Eccole. I «segnali allarmanti» indicati da Delpini sono uno più inquietante (e quotidianamente riscontrabile) dell’altro. C’è anzitutto «la generazione adulta» che «non trasmette ai giovani buone ragioni per desiderare di diventare adulti» inducendo così «panico, rabbia, fuga, violenza, solitudine», perché «la mancanza di speranza e di motivazioni genera sfiducia e smarrimento», persino «paura della vita». Non è così? Non sono, le cronache da Milano – e da tante nostre città – segnate dalla piaga di giovani che «si isolano, si arrendono», con «genitori, insegnanti, educatori che sono angosciati per la loro impotenza di fronte a giovani che non si sa come aiutare»? Non meno reale è il dato di «chi cerca casa in città» e «si vede chiudere le porte in faccia» da una metropoli che sembra «non voglia cittadini». E poi, «le crepe preoccupanti del sistema sanitario», la «situazione delle carceri» che si è fatta «intollerabile», e il «capitalismo malato» che rende la città «appetibile per chi ha molto denaro da investire» (o «da riciclare») spargendo il virus dell’«indifferenza», della «paura» e dell’«avidità», col diffondersi di una «ricchezza disonesta» che «deruba i poveri della loro dignità». Troppo esplicito? Milano che ambisce a crescere sempre e a conquistare nuovi primati – ma forse non sa più a quali vale la pena ambire – ha bisogno di chi le parli chiaro. E di Ambrogio certo non deve avere paura. Anzi. Perché solo dall’analisi che chiama per nome le «crepe che minacciano la stabilità della casa comune» può nascere una parola credibile di fiducia.
La Basilica di Sant'Ambrogio durante il Discorso alla Città
La Basilica di Sant'Ambrogio durante il Discorso alla Città
A dirla senza con franchezza è ancora la Chiesa ambrosiana, che ogni giorno sta fedelmente e senza sconti in mezzo alla gente della metropoli e delle sue immense “periferie”. Perché conosce tutti quelli che – è l’immagine dell’arcivescovo – «si fanno avanti» per prendersi la propria parte di responsabilità nella costruzione del futuro e non essere complici di una parte del «crollo». Sposi e pubblici amministratori, educatori e professionisti, imprenditori, politici, giovani. E gente comune che cerca di fare il suo dovere ogni giorno, «in casa, sul lavoro, nella società». «La casa non cadde – conclude Delpini – perché ci sono persone che si fanno avanti per aggiustarla e renderla abitabile. (...) Ci siete voi, e io vi ringrazio». Con Ambrogio si costruisce sulla roccia.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Temi