Il nuovo Codice dell'edilizia: semplifica o è solo una maxi-sanatoria?
Il Cdm approva il ddl delega per la riforma del settore. Tutte le normative saranno uniformate, i processi verranno semplificati e digitalizzati. Ma per le opposizioni non funziona

Per il Governo è lo strumento definitivo di riordino e semplificazione del comparto. Per le opposizioni solo l’ennesimo “libera tutti”. Di fatto, il disegno di legge delega per la revisione del Testo unico dell’edilizia, approvato dal Consiglio dei ministri, segna il primo passo verso la riforma di un settore avvolto da una nebbia normativa quasi impossibile da diradare.
Un via libera preceduto dalle polemiche animate dalle bozze circolate martedì. Che però, almeno stavolta, hanno visto una maggioranza compatta, con Antonio Tajani in prima linea a difendere un provvedimento voluto anzi tutto da Matteo Salvini, ministro competente. L’approvazione è arrivata a pochi minuti dall’inizio del Cdm, segno che non ci sono stati cambiamenti rispetto allo schema previsto per la delega. Dunque, la direzione resta quella definita dalle bozze. Si punta anzitutto a una razionalizzazione di tutte le disposizioni legislative vigenti con un riordino in un testo omogeneo, che superi la frammentazione territoriale e adegui la normativa edilizia a quella urbanistica e di tutela dei beni culturali e paesaggistici. Lo snellimento delle procedure sarà invece affidato a un percorso di digitalizzazione, alla riduzione degli oneri a carico dei privati (per esempio in termini di documenti da produrre per richiedere l’autorizzazione a un intervento) e al ricorso a meccanismi di auto-certificazione, asseverazione e silenzio-assenso per assicurare la certezza dei tempi. Segue la razionalizzazione dei titoli abitativi (Cila, Scia, permesso di costruire) basata su criteri di proporzionalità, l’aggiornamento del regime per includere interventi privi di significativa rilevanza edilizia e urbanisti, e la semplificazione dei cambi di destinazione d’uso.
Il capitolo più spinoso riguarda le sanatorie, sulle quali si interverrà con una nuova classificazione delle diverse situazioni di difformità edilizia a livello nazionale e l’individuazione di parametri inderogabili per la concessione del condono. In particolare, si introduce il principio della doppia conformità (alla disciplina urbanistica vigente al momento della domanda e ai requisiti edilizi prescritti al momento della realizzazione). Ma è previsto anche uno schema di sanatorie “smart” per lievi difformità.
Il resto del provvedimento punta a fissare i paletti sanzionatori, gli standard tecnici e di sicurezza, le zone sismiche e i ruoli di vigilanza. Il tutto dando priorità agli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente, rigenerazione urbana, efficientamento energetico, sicurezza antisismica e contenimento del consumo di suolo.
Chiaramente Salvini è entusiasta di poter «offrire all'Italia regole più chiare e certe», specie dopo «vent’anni di attesa». Il «taglio della burocrazia» è finalmente un obiettivo alla portata, esulta, e soprattutto «non avremo più altri casi Milano, con contenziosi tra enti locali e magistratura che rischiano di paralizzare le città». Proprio quanto accaduto nel capoluogo lombardo con il blocco dei cantieri e le recenti indagini è lo spauracchio agitato dalle opposizioni. In particolare da Angelo Bonelli di Avs, convinto che il Governo trasformerà in norma il modello edilizio del capoluogo lombardo, favorendo «la realizzazione di grattacieli e interventi urbanistici rilevanti attraverso la Scia e senza piano attuativo o di lottizzazione». Ma non è tutto: Bonelli punta il dito anche sul meccanismo del silenzio-assenso sulle domande in sanatoria, che rischia di condonare immobili «in aree vincolate» e «perfino in zone a rischio sismico e idrogeologico». Critiche anche dal Pd, mentre le associazioni di settore si mostrano decisamente favorevoli. L’Ance parla di «un importante segnale di attenzione da parte del Governo» su un tema «fondamentale per la vita e la crescita delle nostre città», Confedilizia di «una novità positiva», mentre Confcooperative si dice disponibile a un confronto con l’esecutivo per contribuire a «superare l’attuale babele normativa».
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