Roma e l’infosfera ecclesiale: un gioco di azioni e reazioni

January 31, 2025
Gli input che la Santa Sede ha offerto nei giorni scorsi in rapida successione – il messaggio papale per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, gli eventi del Giubileo del mondo della comunicazione e il documento “Antiqua et nova” sull’IA – hanno spinto l’infosfera ecclesiale a riflettere con particolare intensità su... sé stessa. Presento, in ordine cronologico, tre casi. Il 23 gennaio Gavin Ashenden sul sito del “Catholic Herald” (bit.ly/3CvBOSu), storico periodico britannico oggi molto seguito negli Usa, spiega «come Internet sta salvando la Chiesa cattolica dall’autodistruzione». L’articolo è stato tradotto in italiano da “Chiesa e post concilio” (bit.ly/40y7RsR), che introducendolo mostra di riconoscervisi e rivendica il proprio «impegno pionieristico ormai quasi ventennale». Riassumo: le opportunità offerte dalla Rete stanno consentendo a vari esponenti dei mondi cattolici sia di smuovere «i cittadini occidentali non allineati religiosamente» dal «loro viscerale automatico rifiuto del cristianesimo», sia di sostenere quelle figure ecclesiali che l’istituzione avrebbe emarginato perché «di idee conservatrici». La conclusione formula un’ipotesi che va oltre le etichette intraecclesiali: «Se la Chiesa cattolica volesse praticare un dialogo più diversificato e inclusivo con sé stessa, includendo i laici, allora il processo di sinodalità sta già avvenendo online», dove «uomini e donne, laici e clericali, conservatori e progressisti, hanno il loro pubblico, che sta crescendo». Dire la verità ed essere veri Ci voleva l’esperienza e la sensibilità ecclesiale del direttore di “Vita Trentina” Diego Andreatta per riunire in una sintesi non didascalica gli «eventi e richiami» vissuti a Roma dai giornalisti nei tre giorni di Giubileo del mondo della comunicazione. L’ha pubblicata il 27 gennaio sul blog collettivo “Vino Nuovo” (bit.ly/4gzp5wd)'' target='_blank'>bit.ly/4gzp5wd)' target='_blank'>https://bit.ly/4gzp5wd) e ha un’intonazione «anche penitenziale», che non guasta se si pensa che noi giornalisti siamo spesso portati a «credere di essere i primi della classe». In chiave penitenziale l’autore ha infatti recepito l’«unico essenziale richiamo» formulato da papa Francesco: che «per dire la verità, “dobbiamo essere veri”. Veri “nell’interiorità”, veri “nel cuore”», che non significa soltanto «veritieri» ma «sinceri “con noi stessi”, con tutta la nostra umanità e la nostra intelligenza». E ne ha cercato il riverbero nei tanti, autorevoli contributi ascoltati prima e dopo l’udienza papale. Per la rilevanza che ha rispetto a questa rubrica, riprendo quello della sociologa Mariagrazia Fanchi, che Andreatta riporta così: «Tutti possono contribuire alla comunicazione mediale (il 35% degli italiani ha pubblicato qualcosa nella rete) e il valore dei contenuti mediali si misura su nuovi parametri (capacità di emozionare più che la qualità professionale, facilità di accesso più che originalità e l’innovatività dei linguaggi)». Una constatazione che dovrebbe indurre la comunicazione dei “professionisti” a dare a quella di “tutti”, messa da parte l’eventuale prosopopea, un buon esempio. Se l’IA è di fede cattolica Per ultimo, riporto un esercizio che, come spesso accade quando sui media si parla di IA, rappresenta all’apparenza poco più di un gioco, ma che forse cela un’utile “avvertenza” per gli utenti, attivi e passivi. Intorno alla nota Antiqua et nova firmata dai Dicasteri vaticani per la Dottrina della fede e per la Cultura e l’educazione e dedicata al «rapporto tra intelligenza artificiale e intelligenza umana, la testata online ispanofona “Religion Digital” ha pubblicato diversi commenti. Tra i quali, e per primo, ha dato la parola, il 28 gennaio, alla stessa IA (bit.ly/412WdYJ).'' target='_blank'>bit.ly/412WdYJ).' target='_blank'>https://bit.ly/412WdYJ). Il titolo recita: «Che cosa ne pensa l’IA di Antiqua et nova?», ma basta scorrere le prime righe dell’articolo per rendersi conto che l’intelligenza artificiale generativa cui ci si è rivolti per compilarlo è... di fede cattolica. Scritto in prima persona singolare, ribadisce il suo punto di osservazione fin troppe volte, praticamente a ogni paragrafo: «Come persone di fede, siamo chiamati...»; l’IA «è una prova per la nostra fede»; «come credenti, abbiamo un ruolo cruciale...»; «la nostra fede ci chiama a...»; «credo che la Chiesa abbia un ruolo profetico...»; «come comunità di fede, siamo testimoni...». Appare evidente che i redattori di “Religion Digital” (anche se non ce ne hanno dato conto) hanno addestrato ChatGpt, o l’eventuale altro programma utilizzato per redigere questo contributo, con un input preciso: fare del tutto proprio l’intento del documento vaticano di «guardare l’IA da una prospettiva cristiana». © riproduzione riservata

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