Non troppo digitale, ma molto moderna

Intorno al 135° della nascita, uno sguardo alla popolarità in Rete di santa Maria Goretti e due intuizioni sulla sua modernità
November 1, 2025
Non troppo digitale, ma molto moderna
La casa natale di Santa Maria Goretti
Santa Maria Goretti non pare godere sul web di una specifica popolarità. Interrogando i motori di ricerca con il suo nome si incontrano per primi: l’ampia voce di Wikipedia che la riguarda (bit.ly/4nx1Beq), le sue biografie su vari siti agiografici, le descrizioni dei luoghi in cui ha vissuto sui siti di turismo religioso. Non vengono invece facilmente rinvenuti (ovvero: bisogna andarli a cercare) i siti dei due santuari di Santa Maria Goretti esistenti nel paese natale, Corinaldo (bit.ly/4ogaR80), e in quello di Nettuno, dove la santa è morta e nel quale sono custodite, dal 1929, le sue spoglie (bit.ly/43486y9). Se poi si orienta la ricerca sulle sole notizie, gli articoli suggeriti portano le date degli anniversari della morte (e memoria liturgica), il 6 luglio – da leggere quest’anno, qui su “Avvenire” (bit.ly/48UTQLI), Angelo Picariello –, e della nascita, il 16 ottobre. In questo 2025 ricorrono i 135 anni: così si trova sul sito del “Corriere della Sera” (bit.ly/43JU8l4) un articolo di Silvia Morosi riepilogativo della presenza di Maria Goretti nella cultura cattolica e in quella laica (inevitabili i riferimenti anche a “Povera Santa, povero assassino. La vera storia di Maria Goretti,” biografia “alternativa” a quelle correnti stilata nel 1985 da Giordano Bruno Guerri e divenuta subito tanto famosa quanto divisiva). Infine, una ricerca specifica sui social non sortisce account intitolati a santa Maria Goretti ma solo post abbastanza polarizzati tra devozioni e polemiche, queste ultime più o meno dipendenti dalla già citata biografia di Guerri.
Ciò premesso, intorno all’ultimo anniversario della nascita ho letto con interesse due post entrambi orientati a cogliere, da due lati differenti, la modernità di Maria Goretti. Sul blog dell’ATISM “Moralia” (bit.ly/3JiGvm5), ripreso da “Re-blog” (bit.ly/47T26tJ), il teologo morale Salvino Leone prova a rileggere quella che, «al di là della cornice agiografica e celebrativa», definisce «una brutta storia» (dal lato sociale, evidentemente, non da quello religioso) alla luce «della sensibilità e della comprensione contemporanea». E in questa prospettiva non esita «a definire questo un caso di pedofilia, finito tragicamente»: la differenza di età tra la vittima, undicenne, e l’aggressore (secondo i moderni criteri classificativi) «lo fa inquadrare come tale». Probabilmente, scrive Leone, «la piccola Marietta non era affatto attraente, né il Serenelli un bel giovanottone aitante. Ma lo stupro non necessita di fattori estetizzanti: è violenza sessuale e basta. Comunque sia perpetrata, in qualsiasi epoca storica, in qualsiasi circostanza esistenziale». In questa chiave Maria Goretti «è una santa moderna, prototipo di tutte quelle donne che subiscono questo crimine, indipendentemente dalle condizioni esistenziali, dall’avvenenza fisica o dall’avere causato il fatto per i loro presunti atteggiamenti provocatori. Brutto in ogni caso, ma ancor di più quando si veste dei panni del rapporto tra un adulto e una minore».
Simone Varisco, riportando suo blog “Caffestoria” (bit.ly/4qpiSZE) un articolo firmato per il n. 9 di “MigrantiPress”, ragiona invece a partire dalla costatazione che «la Chiesa, nel corso della storia, ha riconosciuto nella santità giovanile un segno particolarmente profetico», e pone in parallelo la celebrazione del martirio di Maria Goretti, avvenuta nel corso dell’Anno santo 1950, con quella delle virtù di Pier Giorgio Frassati e Carlo Acutis, che ha contrassegnato l’attuale Giubileo. Tre «santità» alle quali non mancano gli elementi comuni, malgrado i diversi contesti sociali: l’«Italia rurale di inizio Novecento», la «Torino intellettuale e industriale di Frassati» e «l’era a trazione digitale di Acutis». Infatti nel 1950 «l’esempio di Maria Goretti unisce l’Italia, anche l’Italia dell’emigrazione»; le «trasformazioni sociali, e la mobilità umana che le accompagna, non sono estranee neppure alla Torino degli anni Venti, città industriale», in cui Frassati «pratica la solidarietà e la giustizia»; infine Acutis, «nella nuova realtà globale e globalizzata, sempre più interconnessa negli strumenti e sconnessa nell’essenza, incarna una santità transnazionale, resa universale dalle reti digitali». In tempi che cambiano senza sosta, conclude Varisco, «la gioventù si conferma interprete attenta del proprio tempo e abile lettrice dei segni che lo caratterizzano. Per questo la santità giovanile non è mai un ideale astratto, ma una categoria dinamica capace di assumere forme diverse».

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