La mistica di Rosalía nell’infosfera ecclesiale
Il successo di "Lux", l’ultimo album della cantautrice spagnola, commentato sui blog e sui social dal punto di vista culturale e religioso

Che un’artista pop abbia milioni di follower sui social non è certo una notizia. Se però questa cantautrice li incrementa con un nuovo album nel quale la critica musicale, quasi unanimemente, riconosce e sottolinea un’autentica caratura spirituale, ecco che il fenomeno diventa meritevole di attenzione al di là dell’ambito di riferimento, che è la musica pop. L’artista in questione è la trentatreenne catalana Rosalía; l’album si intitola Lux ed è uscito da un mese, mentre già a fine ottobre aveva cominciato a circolare e a essere scaricato il singolo Berghain. Vale la pena appuntarsi alcuni dati. Il video di Berghain è attualmente a quota 30 milioni di visualizzazioni sul canale YouTube (bit.ly/4ommcCt); gli altri brani del disco (solo ascolto) contano, approssimativamente, dai due agli otto milioni di click. Sono ivece 61,6 milioni le visualizzazioni di alcuni fotogrammi dello stesso video sull’account Instagram, dove una sorta di preghiera postata lo scorso giugno durante la lavorazione dell’album ne aveva raccolte 58,3 milioni. Come dicevo, la popolarità social di Rosalía è alta: su TikTok (bit.ly/4pxqZ5e) i follower sono 32,8 milioni, su Instagram (bit.ly/4agYe8r) 27,7 e su Facebook, invece (bit.ly/3MnMfvO), “solo” 3,3 milioni. Ovviamente c’è anche il sito rosalia.com (bit.ly/49HwYQf), al momento incentrato totalmente sull’ascolto di Lux (tramite Spotify o Apple Music) e sulla vendita di vari gadget a esso ispirati.
«Lux è un album che attraversa il divino femminile, la fede, le brutalità e le rinascite dell’amore, altalenando il sacro e il profano, ma sempre in modo rispettoso e di senso», ha scritto su Avvenire (bit.ly/48ojdDS) Angela Calvini nell’articolo dedicato al nuovo lavoro di Rosalía, segnalando l’interesse suscitato anche presso il cardinale José Tolentino de Mendonça e il vescovo Luis Arguello. Ma quella di Avvenire è una delle poche voci d’ispirazione cristiana che hanno valorizzato Lux davanti all’opinione pubblica italiana. L’infosfera ecclesiale ispanofona, invece, ne parla da settimane, complice anche la presentazione del disco in America Latina: sul sito di Vida Nueva si possono leggere 13 articoli; 11 su quello di Religion Digital e 5 su quello di Ecclesia. Molti di questi articoli, rifacendosi anche al successo del film Los Domingos e del gruppo musicale Hakuna, ipotizzano che per queste vie “alternative” a quelle istituzionali si possa avviare un risveglio spirituale carico di opportunità per la stessa Chiesa. Pur mettendo in guardia dalle esagerazioni, la pensa così anche suor Xiskya Valladares, popolare missionaria digitale, che in un’intervista al Diario de Mallorca (bit.ly/3KiKaAD) dichiara pragmaticamente: «Se Rosalía indossa un vestito firmato, tutti lo provano; a molti piacerà e lo prenderanno. Con la religione succede qualcosa di simile», e anche: «Dal momento che non è più imposto attraverso la famiglia, per i giovani il cristianesimo si fa più attrattivo … è diventato una cosa underground, dirompente».
Segnalo altre due voci italiane, non per caso vicine per età a Rosalía, capaci di esplorare più a fondo l’album Lux dal punto di vista culturale e religioso. Su Rivista Studio (bit.ly/44rMhch) Marco Grieco, giornalista freelance che racconta con lucidità il cattolicesimo all’incrocio con il pop, afferma che «Rosalía ha inanellato 18 brani per dirci che Dio è alla soglia delle nostre imperfezioni». Rinviene nei lavori precedenti alcuni anticipi della svolta attuale e parla di Lux come di un’elevazione del «femminino a Dio» in cui diventano alleate dell’artista «le mistiche cristiane, sufi, taoiste, per le quali i tropi di castità e purezza sono un modo per riconquistare l’identità vissuta per addizione o sottrazione a un mondo maschile». Anche Alice Bianchi, dottoranda alla Gregoriana e membro del Coordinamento teologhe italiane, si occupa di Lux su Il Regno delle donne e su Re-blog (bit.ly/49Ipk8k) approfondendo la chiave di lettura della mistica e del suo funzionamento: notificare «che qualcosa della vita ci sfugge anche in ciò che è a noi più vicino», come l’italiano in cui Rosalía canta una delle tracce; esprimere non «una svolta, una conversione, ma un’intuizione». E nella definizione della mistica come l’«anti-Babele» (De Certau), Bianchi coglie «una delle ragioni per cui un’operazione come quella di Rosalía risulta tanto affascinante, specialmente oggi, anche per chi è lontano da un’appartenenza religiosa: il recupero della mistica è offrire una chiave comune a una altrettanto comune sensazione di non sapersi più parlare».
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