Millequattrocento puntate, 11 anni di questa rubrica
Quanto è cambiato in questo arco di tempo l’ambiente digitale-ecclesiale dal quale estraggo le storie che racconto qui

Ieri sera ero a Montecatini Terme, su invito delle Acli di Pistoia, delle diocesi di Pescia e Pistoia e di TVL, per l’ultimo incontro di un ciclo sui linguaggi della comunicazione, intitolato “Se la Chiesa è Wiki! In viaggio fra mondo digitale e vita quotidiana”. La coincidenza con la puntata n. 1400 della rubrica e l’imminenza del suo undicesimo compleanno mi hanno suggerito di misurare, con i millennial e i boomer presenti, quanto sia cambiato in questo arco di tempo l’ambiente digitale-ecclesiale dal quale estraggo le storie che racconto qui. All’inizio immaginavo di commentare il modo in cui cambiava l’informazione religiosa potendosi espandere dallo spazio, sempre più risicato, riservatole sui quotidiani e sulle rarefatte riviste specializzate a quello dei blog (bit.ly/46JUGIs). Qui, accanto a professionisti del settore talvolta alle soglie della pensione, si potevano incontrare altri autori magari meno versati nelle sottigliezze vaticaniste ma molto sensibili alla vita della Chiesa e altrettanto desiderosi di commentarla in pubblico. Frattanto vedevano la luce, in Italia e all’estero, testate online dove intere redazioni si dedicavano esclusivamente all’informazione religiosa. Intravedevo così nello sviluppo della comunicazione digitale una possibilità fino ad allora inedita di crescita dell’opinione pubblica “nella” Chiesa, e di una crescita dal basso, lenta ma solida, con il concorso di tanti. Lo stesso nuovo papa, Francesco, con la sua comunicazione disintermediata, pareva autorizzare una tale attesa.
Le cose hanno preso un’altra direzione, anzi quattro. Tra i siti e i blog di informazione religiosa si sono fatte largo, soprattutto negli Stati Uniti e in Italia, voci, minoritarie nella Chiesa, di radicale dissenso dalle linee portanti del pontificato bergogliano, con punte così acuminate da costringere l’autorità ecclesiastica ad assumere verso alcuni chierici provvedimenti canonici. Frattanto nell’ambiente digitale i social media si sono rapidamente sostituiti ai blog come piattaforme dalle quali prendere la parola con facilità e libertà, ma dove i contenuti postati avevano (e hanno) a che fare più con il primo annuncio, la Scrittura, la catechesi, la liturgia e la devozione, che con l’informazione. Queste vite cristiane digitali sono entrate, e molto, nel racconto di “WikiChiesa”. Poi c’è stato lo spartiacque del Covid, che ha significato per il binomio Chiesa-digitale una formidabile accelerazione. Online si sono trasferiti la vita liturgica e paraliturgica, gli incontri di formazione e quelli organizzativi, mentre chierici, religiosi e laici hanno intrapreso sui social iniziative personali con le quali si sono fatti prossimi ai tanti che, isolati socialmente, sentivano il bisogno di trovare un senso a quello che stava succedendo. Così, dopo e spesso “grazie” al Covid, ha preso forma la figura del “missionario digitale” o “influencer cattolico”, trovando nel Sinodo sulla sinodalità un certo riconoscimento ecclesiale e in questo giornale un ulteriore sforzo di informazione (bit.ly/4gTCCAk).
Se dovessi azzardare in questo momento una fotografia, come tale destinata a invecchiare, della relazione tra Chiesa e ambiente digitale metterei a fuoco due questioni: la composizione dei linguaggi, così diversi tra loro, dei social con i contenuti religiosi che si vogliono comunicare; i costi, crescenti, che l’attività online comporta per stare a un certo livello di qualità, il che significa trasformare iniziative personali in imprese editoriali. Frattanto c’è da registrare l’attenzione che fin dal primo giorno (come ha ricapitolato un recente post di “Aleteia” bit.ly/46ydPhO) il nuovo papa Leone XIV ha posto sulle tecnologie digitali, e segnatamente sull’intelligenza artificiale, come oggetto di una nuova e urgente questione sociale. Argomenterà questa sua affermazione nel messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali 2026: Chiara Giaccardi ha già acutamente commentato il tema, “Custodire voci e volti umani”, su queste stesse colonne (bit.ly/4pOyTrV). Non credo, diversamente dai «complottisti» evocati da David Murgia sul blog “Il segno di Giona” (bit.ly/48aZ8Cy), si possa attribuire a una ripicca dell’IA generativa verso il papa il recente fenomeno per cui, rispondendo a determinate ricerche su Leone XIV, la “AI Overview” che Google offre in testa a tante ricerche replica che egli non esiste. Ma è giusto registrarlo come un’ennesima conferma della necessità che anche l’infosfera ecclesiale avverta le nuove responsabilità che è chiamata ad assumersi.
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