Il Salmo di Brittany dal braccio della morte
Sono passati quasi 27 anni, ma Brittany Holberg ricorda perfettamente il suo ingresso nel braccio della morte. «Rivedo ogni dettaglio come se fosse ieri – scrive dalla prigione di Gatesville, in Texas –. Fui condotta nell'edificio con catene alle mani e ai piedi da due agenti con manganelli antisommossa. Mi dissero che avrebbero usato la forza che ritenevano necessaria. Dopo aver ricevuto una perquisizione completa del corpo, fui chiusa in una celletta con un letto d'acciaio imbullonato al pavimento, un water e un lavandino. La crudezza della mia nuova realtà fu sufficiente a superare il torpore in cui mi ero rinchiusa quando avevo ricevuto la pena. Ho premuto la schiena contro la porta che era stata appena sbattuta e sono scivolata fino a sedermi sul cemento. Mi è stato chiesto molte volte se ho avuto paura. No. Le cose che avevo vissuto prima di allora erano molto più terrificanti». Era il 1998, e Brittany era appena stata condannata alla pena capitale per aver ucciso un ottantenne ad Amarillo, la città texana dove era nata già dipendente dall'eroina, perché sua madre era tossicodipendente. Il padre era in carcere per traffico di stupefacenti. Quando Brittany aveva tre anni la madre si risposò, poi divorziò e si risposò altre quattro volte mentre viveva in perenne stato di intossicazione. A quattro anni, Brittany fu molestata da una babysitter. A dieci i suoi genitori cominciarono a darle regolarmente della droga. «Quando mi ritrovai nel braccio della morte il sentimento più forte fu lo stupore – dice oggi –. Mi chiedevo come fosse possibile che non fossi morta. Come avevo fatto a sopravvivere e, soprattutto, perché?». Brittany aveva dodici anni quando sua zia, Karen Rose, fu assassinata dal marito. «Era l’unica persona che mi faceva sentire al sicuro nel caos della mia vita», ricorda. A quindici anni Brittany raccontò alla madre che un amico del patrigno abusava sessualmente di lei. «Okay», rispose la madre. Al liceo Brittany iniziò a fare volontariato in un ospedale e il primario promise di assumerla a diciassette anni. Ma a quel punto Brittany era sposata e non andava più a scuola. Dopo essersi trasferita in California con il marito, un incidente le fece scoprire il fentanyl. Falsificando le ricette, Brittany iniziò a prendere fino a cento pillole al giorno. Poco dopo finì in ospedale dopo aver subìto uno stupro di gruppo, percosse e un accoltellamento. «Pensavo a tutto questo quel primo giorno nella cella, e non comprendevo che senso avesse essere viva. L’unica cosa che mi era stato permesso di portare con me erano alcuni fogli, una matita e la Bibbia che mi era stata regalata la sera prima, insieme alle parole: “Non arrenderti”. Non capivo. Non arrendermi a cosa?». Nel 1992 Brittany aveva avuto una bambina. Il suo matrimonio finì pochi mesi dopo e lei e la piccola erano tornate ad Amarillo. «Avevo 20 anni e nessuna istruzione. Non sapevo come mantenere mia figlia». La prostituzione le fornì una risposta, ma in breve la sua vita fu di nuovo offuscata dalla droga. «Una volta tornai a casa alle 3 del mattino e trovai mia figlia seduta a fissare la televisione spenta – ricorda –. In quell’istante seppi cosa dovevo fare». Chiamò l’ex marito che portò via la piccola. Non l’ha più vista da allora. «Nel braccio della morte pensai a mia figlia, aprii la Bibbia a caso e lessi il Salmo 51: “Non continuare a guardare i miei peccati. Togli la macchia della mia colpa. Crea in me un cuore pulito, o Dio. Rinnova in me uno spirito fedele. Non bandirmi dalla tua presenza, e non togliermi il tuo Spirito Santo”. Mi ci sono voluti molti anni, ma sono arrivata a capire che quelle parole potevano cambiare la mia prospettiva». Due mesi fa una corte d’appello ha annullato la pena di morte di Brittany perché il testimone principale ha ammesso di essere stata pagata dall’accusa. Brittany affronterà un nuovo processo. Nel frattempo, è serena. «Ho trascorso più della metà della mia vita nello stesso piccolo spazio con quasi sempre le stesse donne – riflette – ben poco di ciò che mi circonda è cambiato. Ma nel mio cuore è cambiato tutto». © riproduzione riservata
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