Un incendio può bruciare la casa, i legami aiutano a ripartire

La storia di Danielle, una famiglia problematica alle spalle e una casa persa nei roghi in California, ci ricorda il valore delle relazioni nel ricostruire la propria vita
December 4, 2025
Un incendio può bruciare la casa, i legami aiutano a ripartire
Incendio in California/ ICP
Danielle McLellan conosce bene la disperazione. All’inizio di quest’anno ha visto la sua casa, il suo quartiere e l’intera area di Pacific Palisades, a Los Angeles, dissolversi in un incendio così violento da sembrare irreale: venti ore di fiamme alte come palazzi, temperature infernali, aria tossica, il mare annerito dalla cenere. «Il quartiere non esiste più. È sconvolgente. Non riesco ancora a capire come tutto sia sparito. Il fuoco è definitivo», dice. Da gennaio Danielle vive in alloggi provvisori, sette, finora, e la sua vita di prima è diventata un ricordo. L’incendio non è stato nemmeno il primo trauma a segnare la sua storia. «Sono cresciuta in una famiglia sradicata, piena di fratture e di abuso», racconta. Da adulta aveva creduto di aver finalmente trovato un equilibrio trasferendosi con il padre e la sorella a Ojai, in California. Poi la morte improvvisa del padre e una controversia legale con la sorella l’hanno lasciata senza casa e senza beni. Pacific Palisades, dove si è stabilita non appena è riuscita rimettersi in piedi, è stata la comunità dove per dieci anni la 49enne ha cercato di mettere ordine fra i pochi ricordi felici e di ricostruirsi lentamente. «Trovare il modo di restare in contatto con le parti buone di storie spezzate e salvare i momenti buoni di un’infanzia difficile è un processo durissimo. Ma è indispensabile», spiega. È in nome di questa necessità che, dopo l’incendio, è tornata più volte fra le macerie. Non cercava soltanto oggetti, anche prove tangibili che qualcosa di essenziale della sua storia fosse rimasto. «Avevo bisogno di vedere qualcosa che il fuoco non fosse riuscito a portare via». Cinque mesi dopo l’inferno, sotto uno strato di cenere e frammenti di vetro, ha trovato un piccolo resto di statuina del Bambino Gesù, proveniente dall’Europa, annerita ma riconoscibile. Era un regalo di una zia. Danielle, cattolica da sempre, non l’ha visto come un miracolo ma come una conferma silenziosa che la sua vita non era andata in fumo, come una forma concreta di consolazione che la incoraggiava a ricostruirla. Poco dopo, spostando un pezzo di intonaco, ha recuperato anche i gioielli di famiglia, bruciacchiati ma intatti. «È stato come ritrovare un filo con il passato», dice.
Danielle McLellan
Danielle McLellan
Da allora Danielle, che è autrice di due libri sull’essere genitori e insegna educazione alla prima infanzia in un community college e in programmi per le superiori, oltre a lavorare di sera come tata per neonati, ha riempito il calendario fino all’ultimo minuto disponibile: «La stanchezza mi aiutava a dormire. E prendermi cura di una vita nuova mi teneva ancorata a terra». Anche mentre la sua esistenza era ridotta in cenere, accompagnare altre famiglie nel momento più fragile e più pieno di futuro dava un senso alle sue giornate. Nel frattempo, la sopravvivenza quotidiana era diventata un lavoro a tempo pieno: documenti da ricostruire, assicurazioni, liste di acquisti perduti, ore al telefono. Presto è arrivata anche un’urgenza diversa: la battaglia per identificare le responsabilità dell’accaduto. Molti superstiti ritengono che la distruzione totale della città si potesse evitare e stanno cercando chiarezza. «Non voglio farmi mangiare dall’amarezza. La rabbia la uso per fare pressione per la mia comunità, e anche per chi potrebbe trovarsi un giorno nella stessa situazione». La battaglia comune ha permesso a Danielle di stringere amicizie e alleanze, tanto che oggi, per lei, i gioielli ritrovati e le relazioni nate fra le rovine hanno lo stesso valore: sono segnali di continuità. «Ai miei studenti ripeto spesso che non esiste mai solo un bambino, ma esiste un bambino e le persone che lo circondano. La vita è fatta di legami, e i legami sono ciò che regge il peso del disastro». La guarigione resta lunga. Danielle piange ancora quando parla di ciò che ha perso e trema quando passano troppi camion dei pompieri. Ma in questi mesi ha imparato a tenere insieme lutto e ricostruzione. «Quello che spero — conclude — è restare connessa. Con le persone che amo, con chi mi sta accanto adesso. Il resto si ricostruisce. I legami, se restano, ti tengono in piedi».

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