Da Nicea ad Hanoi i viaggi attesi e desiderati del Papa
di Redazione
Nell’incontro con il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo, la settimana scorsa, Leone XIV ha parlato del viaggio apostolico che dovrebbe compiere (probabilmente a novembre) a Nicea in Turchia, a 1700 anni dallo storico concilio che formulò il Simbolo, la professione di fede in cui i cristiani di ogni confessione si riconoscono. È la prima meta di papa Prevost, di cui si è già parlato apertamente. Dal giorno della sua elezione, però, ci sono anche alcune grandi Chiese dell’Asia che contano di poterlo accogliere presto, in un’ideale continuità col lungo viaggio apostolico che nel settembre scorso portò Bergoglio proprio nel continente dove i cattolici sono una piccola minoranza. In prima fila c’è il Vietnam, per quella che sarebbe una storica prima volta di un pontefice in un Paese dove i cristiani nel Novecento hanno sofferto a lungo all’ombra del conflitto che 50 anni fa conobbe il suo epilogo. La vivace e coraggiosa comunità cattolica vietnamita aspetta da tanti anni il Papa e i tempi, ormai, paiono maturi. Grazie a un accordo sottoscritto nel 2023, oggi c’è un rappresentante permanente della Santa Sede ad Hanoi; il Paese è stato già visitato dal segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, mons. Paul Richard Gallagher. E in Vietnam era atteso anche il cardinale Parolin: solo turbolenze politiche interne legate ad altre questioni hanno fatto slittare questo viaggio, passaggio chiave per la formalizzazione delle relazioni diplomatiche piene con il Vaticano. Oggi però il nuovo uomo forte del Partito comunista vietnamita, To Lam, sembra aver consolidato il suo potere, e l’appuntamento del 14esimo Congresso, fissato per gennaio 2026, appare ormai vicino. Così i cattolici locali in questi giorni sono tornati a parlare espressamente del viaggio del Papa. Lo stesso papa Francesco, del resto, interpellato sull’ipotesi durante il volo di ritorno dalla Mongolia, aveva risposto dicendo che “Giovanni XXIV” in Vietnam ci sarebbe andato sicuramente, alludendo al suo successore. Nel frattempo, però, anche l’India aspetta il ritorno di un Papa, dopo la storica visita di Paolo VI a Bombay nel 1964 e i viaggi di Giovanni Paolo II nel 1986 e nel 1999. Un passo divenuto politicamente complicato per via della freddezza dei nazionalisti indù, dal 2014 al governo del Paese e promotori di provvedimenti controversi come le famigerate leggi anti-conversione, che prendono duramente di mira le attività sociali ed educative promosse dai cristiani. Queste tensioni non hanno, però, impedito al premier indiano Narendra Modi di rivolgere un invito ufficiale a papa Francesco a recarsi nel Paese, invito ribadito anche recentemente. Anche per questo l’arcivescovo di Goa, il cardinale Felipe Neri Ferrao, ha dichiarato in questi giorni ad AsiaNews che «i vescovi indiani desiderano che Leone XIV visiti il nostro amato Paese». Sempre il cardinale Ferrao, però, ha ricordato anche un altro appuntamento importante per le Chiese dell’Asia in programma nel 2026: l’assemblea della Fabc, la Federazione delle Conferenze episcopali del continente, che proprio questo porporato indiano dall’inizio dell’anno presiede. L’incontro è in programma in Malaysia, un Paese dell’Asia a maggioranza musulmana, mai toccato finora dalla visita di un pontefice. «A tempo debito – ha detto il cardinal Ferrao – inviteremo il Papa a partecipare». Senza dimenticare, poi, un altro evento importante già fissato per il 2027: la Giornata mondiale della gioventù che – per volontà di papa Francesco – dopo quasi quarant’anni tornerà in Asia, facendo tappa questa volta a Seoul, la capitale della Corea del Sud. © riproduzione riservata
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