Sì, l’ecocidio è un vero crimine
contro l’umanità e tutto il Creato

Il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente ha invitato a riconoscere l’ecocidio come crimine internazionale, alla pari dei crimini di guerra
November 14, 2025
Caro Avvenire, è arrivato un forte invito dal Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente a riconoscere l’ecocidio come crimine internazionale, alla pari dei crimini di guerra. Un’idea già sostenuta dal premier svedese Olof Palme nel 1972 a seguito dei bombardamenti americani in Vietnam. Gaza, il Sudan, l’Ucraina hanno subito danni enormi alle colture, le acque sono contaminate, le foreste distrutte. L’ambiente, gli animali selvaggi sono anche loro, come i civili, vittime incolpevoli. Recentemente Vanuatu, Fiji e Samoa, piccoli Stati insulari del Pacifico hanno chiesto alla Corte penale internazionale di classificare l’ecocidio tra i crimini perseguibili. Il pericolo non viene dal fuoco della guerra, ma dall’acqua. È infatti l’innalzamento dei mari a mettere a rischio l’esistenza stessa di questi arcipelaghi. Il diritto rimane la strada maestra per tracciare un solco e delle regole. Anche papa Francesco nel 2019 parlava di ecocidio come crimine da introdurre nel diritto e come peccato da inserire nel catechismo.
Daniele Piccinini
Caro Piccinini, l’ecocidio è una parola che comincia, purtroppo, ad affacciarsi alle cronache, sebbene le distruzioni fisiche e ambientali massicce siano un portato anche di conflitti meno recenti, a partire dalla Seconda guerra mondiale, con i suoi bombardamenti a tappeto. Di certo, è la tecnologia bellica sempre più potente che permette ai combattenti di colpire con grande forza e su larga scala. Ma l’idea di “fare terra bruciata” o spargere sale perché non ricresca l’erba è antica come la storia degli odii tra gli esseri umani, magari necessariamente limitata in estensione nei tempi antichi. In realtà, l’ecocidio di cui si discute oggi può riguardare insediamenti industriali inquinanti, disastri ambientali, conseguenze di azioni armate o progetti estrattivi che sconvolgono la natura e la vita di intere comunità a causa di foreste abbattute, fiumi avvelenati, biodiversità colpita in maniera irreversibile. Come lei ben sa, caro Piccinini, non esiste ancora una normativa internazionale pienamente operativa che riconosca l’ecocidio come delitto specifico, alla pari di genocidio, crimini di guerra o crimini contro l’umanità. Tuttavia, varie giurisdizioni nazionali hanno già adottato leggi che puniscono forme gravi di danno ambientale, e altri Paesi stanno valutando l’introduzione di tale fattispecie. La nuova direttiva europea 2024/1203, entrata in vigore il 20 maggio 2024, introduce una lista ampliata di reati ambientali, ponendo una speciale categoria di reati qualificati come danno ambientale “sostanziale, diffuso e di lunga durata o irreversibile” e prevede sanzioni penali più severe anche per le società. Gli Stati membri devono recepirla entro il maggio prossimo. Vi è poi la proposta di inserire l’ecocidio nello statuto della Corte penale internazionale quale quinto crimine a livello sovranazionale, ma ciò richiederebbe una modifica dello Statuto istitutivo firmato a Roma.
Organizzazioni della società civile, come Stop Ecocide International, lavorano per costruire un consenso globale su alcune definizioni legali condivise, attraverso campagne di sensibilizzazione e azioni diplomatiche. Non si deve pensare, tuttavia, che siano solo le guerre a provocare disastri. Come ha mostrato lo studioso sudafricano Rob Nixon, si può descrivere la violenza ambientale come un danno graduale, diffuso nel tempo e nello spazio, spesso invisibile, per questo raramente riconosciuto come “violenza”. È un’interpretazione che sposta l’attenzione dall’evento-catastrofe (l’“esplosione”) alla distruzione impercettibile e cumulativa (diboscamenti, fuoriuscite tossiche, consumo di acqua, radioattività residua...). L’ecocidio è la più grave manifestazione della crisi ambientale (oggi, ahinoi, meno riconosciuta – o addirittura contestata – da molti leader e movimenti nazionalisti). Non solo in termini di emissioni o cambiamento climatico, ma di giustizia in senso pieno: diritti umani e futuro delle comunità dipendono dagli ecosistemi naturali. Riconoscere l’ecocidio come crimine significa stabilire che il mondo fisico e vivente (non dimentichiamo le sofferenze degli animali) va protetto dagli assalti intenzionali o colposi. Le violazioni vanno punite perché abbattere, bruciare, desertificare è più di una mancanza di rispetto alla Casa comune. Rappresenta una ferita, a volte insanabile, al Creato e a coloro che hanno pieno diritto di abitarlo e di goderne responsabilmente i frutti.

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