mercoledì 6 luglio 2011
Il 29 giugno in Cina consacrazione episcopale senza permesso del Papa e con spinta e sigillo del Partito comunista (oggi capitalisticamente) al potere. Domenica "Il Fatto" (p. 14) con mezza pagina dà per nuovo ciò che non lo è. Titolone: «La linea dura del Vaticano in Cina»! Sommario in rosso: «La Santa Sede decide di scomunicare i vescovi irregolarmente scelti dal regime di Pechino…». Ancora: «il Vaticano non ha reagito con le abituali proteste, ma ha messo nero su bianco… una delegittimazione automatica del presule scelto dal regime. La vicenda rivela che si è aperto un confronto del tutto nuovo tra Vaticano e Cina». Cosa clamorosa, che proprio come tale rimbalza poi su altri giornali. Invece clamoroso è solo lo strillo della notizia stessa. Infatti la scomunica è "automatica" – nel linguaggio canonico latae sententiae (con sentenza già resa pubblica) – e senza bisogno di nuove "decisioni". Così il canone 1382 del Codice canonico promulgato da Giovanni Paolo II nel 1983, ma già proclamato nel canone 2370 di quello voluto da Benedetto XV nel 1917. Falso quindi che «la Santa Sede decide (sic! ndr) di scomunicare i vescovi» cinesi, e che si «è aperto un confronto del tutto nuovo». Così il lettore, magari "rude" in senso agostiniano, cioè inesperto, al solito penserà che Benedetto XVI è più duro e implacabile che mai, il "panzerkardinal" diventato Papa! Invece non è così. E a Malpelo torna in mente che nel 1988, anche allora il 29 giugno, ci fu un'altra scomunica automatica per i vescovi illegittimamente consacrati da monsignor Lefebvre. Quel canone, di quel Codice valeva e vale per tutta la Chiesa. Definirlo cosa nuova, e metterlo sul conto di Benedetto XVI, è un falso: se voluto, brutta pagina!
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI