«Belshazzar» di Händel, potente oratorio sul tiranno babilonese
domenica 18 settembre 2011
Georg Friedrich Händel (1685-1759) scrisse l'oratorio Belshazzar tra l'agosto e l'ottobre del 1744, per farlo poi eseguire durante il periodo quaresimale dell'anno successivo; il libretto venne liberamente antologizzato da fonti bibliche eterogenee (i Libri di Daniele, Isaia e Geremia) da Charles Jennens – che aveva già collaborato con il compositore sassone per i testi di Saul e Messiah – ed è incentrato sulle vicende che riguardano appunto Belshazzar, il sovrano babilonese che tiranneggiò il popolo ebraico sottomesso e che venne poi ucciso dal principe persiano Ciro.Una storia dai forti accenti drammatici che ha offerto al direttore René Jacobs e al regista Christof Nel l'ispirazione per una teatralizzazione in forma scenica e in costume, realizzata per l'edizione 2008 del Festival di Aix-en-Provence (2 Dvd-Video pubblicati da Harmonia Mundi e distribuiti da Ducale); in buca c'erano i professori dell'Akademie für Alte Musik Berlin, la cui eccellente prova si sposa perfettamente con quella della compagine corale RIAS Kammerchor, impegnata in versione "multi-tasking" nel conferire contemporaneamente voce al pensiero e agli stati d'animo di tre differenti popoli (ebrei, babilonesi e persiani). La potenza e la profondità spirituale del soggetto letterario, insieme con la bellezza e la forza evocativa della scrittura musicale danno vita a un capolavoro di grande equilibrio e incisività, che l'adattamento drammaturgico guidato da Jacobs riesce a valorizzare ulteriormente in virtù di un cast di cantanti solisti in evidente stato di grazia, capitanato dal tenore Kenneth Tarver, dal soprano Rosemary Joshua e dal controtenore Bejun Mehta. Ne è prova evidente il secondo atto, centro espressivo di gravità dell'intero oratorio, dove Händel inserisce due splendidi gioielli vocali come l'accorata preghiera di Ciro («Great God! Who, yet but darkly known») e la struggente aria con cui l'addolorata Nitocris – madre di Belshazzar – dipinge la decadenza morale del figlio e ne presente la fine imminente («Regard, O son, my flowing tears»): punte di diamante di una partitura che non fa sconti a nessuno, marchiata a fuoco dall'implacabile forza del destino di fronte alla quale non si può sottrarre neppure il più potente degli uomini.
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