Yara, un “istant doc” ma con discrezione
giovedì 21 luglio 2016
Il caso di Yara Gambirasio è uno di quelli su cui la tv ha speso anche troppe parole, rimestando più volte nel torbido. Lo ha fatto durante i presunti approfondimenti serali come negli insulsi talk show pomeridiani, senza mai preoccuparsi di aumentare, sempre che sia possibile, il dolore di genitori, parenti e amici. Finalmente, martedì scorso, in seconda serata su Crime+Investigation (canale 118 di Sky) se n'è parlato con piglio giornalistico, ma anche con molta discrezione, in Yara, un cosiddetto “instant doc”, grazie a Fiorenza Sarzanini, firma di punta del “Corriere della sera”, che ha seguito la vicenda della ragazzina di Brembate di Sopra sin dal quel tragico 26 novembre 2010, quando la tredicenne sparì nel nulla, fino alla sentenza di primo grado con cui la Corte d'assise di Bergamo, il 1º luglio scorso, ha condannato all'ergastolo Massimo Giuseppe Bossetti. Il tutto a partire dall'immagine di un aereo giocattolo come quello telecomandato che precipitò in un campo di Chignolo d'Isola, a dieci chilometri da Brembate, facendo scoprire, tre mesi dopo la scomparsa, il cadavere di Yara. «Quella visione ci ha segnato», racconta un commosso Vincenzo Ricciardi, ex questore di Bergamo, in una bella testimonianza in cui parla, al di là delle indagini di allora, della rettitudine della ragazzina («Non aveva amicizie o compagnie strane») e della dignità di una famiglia «semplice e corretta». Tutti giudizi confermati dall'avvocato Enrico Pelillo, un altro degli intervistati dalla Sarzanini, oltre alla giornalista Giuliana Ubbiali e agli esperti della polizia come la biologa Paola Asili o il genetista forense Giorgio Portera, che aiutano non poco a ripercorrere tutta l'indagine («che attraverso la scienza ha fatto storia») con la complessa prova del dna che portò a Bossetti attraverso un complicato percorso. Dopo di che, secondo gli inquirenti, ma anche in base al verdetto dei giudici, di dubbi ne rimangono pochi, benché il muratore incensurato si sia sempre dichiarato innocente. Per questo, correttamente, la giornalista del “Corriere”, che narra in prima persona, parla di «prima verità processuale» per una storia forse non ancora finita. Mentre «di sicuro è finita troppo presto la vita di Yara Gambirasio» a cui la Sarzanini rende omaggio in chiusura con una rosa deposta all'ingresso di quel campo dove la ragazzina si dice sia morta di stenti.
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