martedì 15 agosto 2023
«Spesso, per divertirsi, le ciurme catturano / degli albatri, grandi uccelli dei mari, / che seguono, indolenti compagni di viaggio, / la nave che scivola su abissi amari. / E li hanno appena posti sulla tolda / che questi re dell’azzurro, maldestri e vergognosi/ mollano pietosamente le loro grandi ali bianche/ come dei remi al fianco, abbandonati». È fiacco questo viaggiatore alato.
Lui, poco fa così bello, come è comico e brutto! Uno gli stuzzica il becco con la pipa, l’altro mima, zoppicando…Lo raccontano i versi di Charles Baudelaire, nella poesia L’albatro. Signore dei cieli dei Mari del Sud. Quando vola è un angelo, ma sulla tolda della nave è goffo oggetto di scherno dei marinai. Così, prosegue Baudelaire, il poeta, che ci congiunge al cielo, in un mondo soltanto materiale non è più compreso, ma irriso. L’umanità che sprezza il poeta e la poesia, e i suoi simboli, si danna a una recita grottesca come quella dei marinai con l’albatro.
Albatro che non è solo il poeta esiliato in una società materiale. È la nostra anima oppressa e derisa. Se perdi il senso del cielo e del sacro, non sai più sognare il volo, non sei più capace di guardare il cielo. I poeti come Baudelaire anticipano il male a venire, ci mettono in guardia, difendono lo spazio dell’anima.
© riproduzione riservata
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: