giovedì 17 gennaio 2019
Settimana per l'Unità dei cristiani. Attesa da sempre già in quel “Ut unum sint!” dell'ultima Cena, Autore illustre, che però non si limitava a pensare soltanto ai cristiani futuri: “Omnes”! Ecco allora che (12/1, p. 14) puoi essere contento non solo se qui leggi «Anglicani compagni di strada», ma poi ieri qualcosa di più, sempre qui (p. 21): «È vitale per i cristiani conoscere la tradizione ebraica». Parola di Francesco: «Vitale»! Dunque con il Vangelo in mano insieme agli anglicani un cammino durato quasi 5 secoli, che vale anche per tutti gli allora futuri evangelici. E con la Legge, gli Scritti e i Profeti», nonostante molte nostre violazioni, anche un cammino con i «fratelli maggiori». Senza fretta, senza processi, e ricordando anche i peccati soprattutto nostri, di cristiani non solo cattolici, nei loro confronti.
Come leggere il Vangelo, del resto, senza le Dieci Parole? Come capire Filippesi 2 senza le pagine del Servo Sofferente in Isaia? E ricordi quel Papa che nel gennaio del 1959 annunciò il Concilio. È lo stesso che cancellò la millenaria offesa a quel popolo che poi proprio un suo successore ha proclamato «fratelli maggiori»! Senza memoria comune non c'è presente vivibile. È lezione di Paolo, che conosceva la tradizione ebraica: «I doni e la promessa di Dio sono senza pentimento».
Un pentimento tutto nostro, se e quando constatiamo che il passato non è stato ciò che con quell'«Ut Unum Sint» poteva essere, e pensiamo che ora quella unità dice tante cose anche per un presente difficile: tutti fratelli che arrivano alla nostra coscienza! Lontani che poi costretti da violenze e dolori si fanno vicini: ut unum sint, dice Chiesa, ma innanzitutto dice umanità, dice accoglienza, dice noi in uscita e «porte aperte» per chi bussa. Che tristezza leggere parole di chiusura e rifiuto da chi si crede cristiano, ma così dimostra di non esserlo più, posto che lo sia mai stato.
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