martedì 28 novembre 2017
La firma dell'intesa formale a Bruxelles risale a più di sei mesi fa, precisamente all'11 maggio. Ma finalmente, dal 1° gennaio prossimo, l'accordo diventerà esecutivo e la Tunisia sarà il primo Paese africano a entrare di fatto nello spazio culturale europeo. La porta d'ingresso sarà il programma "Europa creativa", in vigore per il settennio 2014-2020, che dispone di quasi un miliardo e mezzo di euro da destinare al sostegno di iniziative negli ambiti della cultura, e del settore audiovisivo in particolare. Finora, oltre agli Stati membri, l'accesso ai finanziamenti era stato aperto anche ad altri Paesi del Vecchio Continente (Norvegia, Islanda, ma anche Ucraina e Montenegro), però mai ai cittadini di uno Stato della sponda sud del Mediterraneo.
Può sembrare un piccolo passo, ma nel clima persistente di scontro di civiltà che stiamo attraversando, il suo significato è di tutta evidenza. Soprattutto nel caso della Tunisia, che ha aperto sette anni fa la stagione delle "primavere arabe" e che al momento è l'unica democrazia rivelatasi capace di resistere alla tenaglia tra spinta fondamentalista islamica e risposte repressive di stampo autoritario. Organismi e associazioni della Repubblica maghrebina potranno dunque, dall'anno prossimo, partecipare ai bandi previsti dai due filoni principali del programma: quello riguardante i media (con alcune limitazioni) e quello sulla cultura in generale (senza restrizioni).
Aldilà dei risvolti finanziari, pure rilevanti per un Paese dove la disoccupazione resta altissima e l'economia langue anche a causa della crollo del turismo successivo agli attentati del 2015 al museo del Bardo e sul litorale di Susa, il segnale che l'Unione manda con questo allargamento è decisamente incoraggiante non solo sul piano simbolico. Rafforza infatti la posizione di quanti si battono in Tunisia per una sempre maggiore apertura della società locale al dialogo con un Occidente troppo spesso miope e distratto. Basti solo pensare all'ultima recente riforma votata, di certo non senza forti resistenze culturali degli ambienti più conservatori, che consente alle donne tunisine di sposare uomini non musulmani.
Perché non c'è dubbio che spetta soprattutto all'Europa trovare terreni di confronto e di dialogo fecondi, per restringere quanto più possibile l'area di influenza dell'estremismo religioso, in un contesto che vede ancora la presenza di 6-7mila foreign fighters su neppure 12 milioni di abitanti. Quella del sostegno all'imprenditoria culturale e degli audiovisivi, della promozione di coproduzioni e di manifestazioni congiunte, da questo punto di vista, è una strada particolarmente adatta e in linea con i principi cardine dell'Unione in tema di pluralismo e di tutela delle diversità culturali e linguistiche.
Né vanno sottovalutate le possibili ricadute positive sul fronte dell'immigrazione. Dalle spiagge tunisine si segnala da qualche tempo una ripresa massiccia dei viaggi della disperazione verso gli approdi italiani. E come ricordava pochi giorni fa su queste colonne Abdelaziz Essid, protagonista della "Rivoluzione dei Gelsomini" e co-premio Nobel per la pace, se i giovani avranno maggiori opportunità nel loro Paese, non penseranno più a fuggire in Europa.
Echi positivi dell'imminente ingresso della Tunisia nell'Europa della cultura sono risuonati di recente al Medfilm Festival di Roma, evento dedicato alla promozione e alla diffusione del cinema mediterraneo. In questa occasione, esponenti politici come l'eurodeputata Silvia Costa (in prima linea nella battaglia per l'ammissione del Paese africano), rappresentanti diplomatici e intellettuali hanno espresso giusta soddisfazione. Ora si tratta di andare avanti, non lesinando risorse né attenzione a quanto di positivo si muove in uno scacchiere strategico per la credibilità internazionale dell'Unione, costruita fin dalle sue origini per essere una finestra aperta sul mondo esterno e non una fortezza rinchiusa entro mura che solo gli illusi possono immaginare per sempre impenetrabili.
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