giovedì 6 luglio 2023
La rivolta nelle banlieue francesi sta mettendo in luce sui quotidiani visioni, e conseguenti commenti, tra i più radicalmente diversi. Un bene per il dibattito democratico, che si nutre di diversità per non avvizzire. Meno bene per chi cerca di confrontare, mettere e tenere insieme. Ai poli opposti sono “Manifesto” e “Verità”. Sul “Manifesto” (4/7) – titolo: «Una società e due velocità, così la République non può continuare» – Guido Caldiron intervista lo scrittore Jean-Baptiste Del Amo: «Ci sono due tipi di giustizia, di politica, di scuola. Negli scontri sono coinvolti giovani poco più che ragazzini che vivono un sentimento di collera e di rottura con il resto del Paese». Le parole “islam” e “musulmani” non sono mai nominate, neanche un accenno di sfuggita: il dato religioso è di nessun rilievo. Tutto il contrario sulla “Verità” (5/7) l’articolo di Silvana De Mari – titolo in prima: «Fame di dominio» – che non lascia spazio a equivoci: «Non credete a chi vi dice che la rivolta nelle banlieue è frutto di discriminazione ed esclusione. Essa deriva dalla guerra permanente che ci ha dichiarato l’islam: i musulmani sono convinti che tutto il mondo debba piegarsi a loro e in più invidiano la nostra superiorità culturale». Avrebbe torto anche il “Giornale” (5/7) che con Francesca Giubilei intervista Alain De Benoist, titolo: «Le seconde generazioni senza identità. Non sono rivolte politiche, ma sociali». E mentre per “Libero” (5/7) il principale obiettivo, qualunque sia l’argomento, è attaccare il Pd («La sinistra italiana coccola i violenti francesi»), sono in sintonia Bernard-Henry Lévy sulla “Repubblica” (5/7), per il quale è urgente «ricucire il legame sociale lì dove si è rotto», e Gianfranco Pasquino sul “Domani” (5/7): «In assenza o per debolezza delle organizzazioni intermedie, sindacati, associazioni professionali e culturali, perfino religiose, declino del cattolicesimo (un tempo ci furono i preti operai) e l’isolamento settario dell’islam, tutto lo spazio viene lasciato alla protesta, non ultima, ma unica ratio». Un ostacolo? «Nel mio Paese il razzismo è endemico» scrive sulla “Stampa” (5/7) il premio Nobel Annie Ernaux; ma «il problema viene negato» aggiunge Nadia Urbinati sul “Domani” (4/7). Ma se non riconosci di avere un problema, sarà difficile risolverlo. © riproduzione riservata
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