martedì 8 settembre 2015
Le ultime avventurose partite della Nazionale, trattate dai più come sconfitte, nel nome del Bel Giuoco “tradito” da Conte, mi hanno riportato alla mente le stagioni del calcio ideologico: dalla più seria - anni Settanta - almeno per impegno intellettuale, visto che fu introdotta da Gherard Vinnai, professorone tedesco con il quale ho avuto anche duri scontri dialettici; a quella ridanciana - anni Ottanta - di Oronzo Caná; per finire nell'attualità - deprimente - di Michel Platini e del suo “Fair Play Finanziario”. L'oggi strettissimo mi porta in realtà indietro di almeno settant'anni a Viani, Rocco e Brera, al catenaccio, a quell'idea che fece poi muovere Annibale Frossi («Il risultato perfetto è lo zero a zero») e anche Trapattoni: il Giovannino oggi è laudato per le sue performances televisive, ieri soprattutto per il suo progetto-base che lo fece juventino pluriscudettato: «Primo non prenderle». Dunque Antonio Conte e i suoi azzurri hanno ormai un piede in Europa, ma ci permettiamo di fare gli schizzinosi: giocare così, che vergogna! Come se la Nazionale non fosse figlia del campionato che mantiene il suo repertorio di emozioni ma tradisce le aspettative tecniche. Come se il campionato italiano non fosse in realtà il Campionato di Babele che ha smarrito i segni della tradizione e importato tutti i vizi delle temporade altrui, dall'Argentina all'Ucraina. Come se Antonio Conte, juventino di piedi e di testa, non fosse a sua volta blindato dall'Ideologia più importante, diffusa da Giampiero Boniperti: «Vincere non è importante. È l'unica cosa che conta». Mi dicono, d'altra parte, che si tratti anche di slogan fortunato, o meglio di un principio ch'è opportuno applicare soprattutto nelle stagioni di magra. Come adesso. E ben venga, dunque, il massimo risultato col minimo sforzo, ammesso che gli azzurri possano sforzarsi più che tanto in questo torrido finale d'estate. E ben venga l'apporto di Pirlo, che non è di muscoli ma di sapienza; e quello di Pellè, cui Cameron consente serenamente di lavorare in Inghilterra anche se migrante (di lusso?); e magari quello di Balotelli se il Milan (e la motorizzazione civile) ce lo riconsegneranno più bello e più forte che pria (cfr Petrolini). Andiamo a vincere anche con la Norvegia, magari con un risicato 1-0, e lasciamo che gli “ottantaduisti” ritardati trattino Conte come se fosse Bearzot. Crescerebbero immensamente le nostre chanches di vittoria.
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