mercoledì 2 marzo 2016
Quando la tecnologia (e una felice intuizione) possono salvare una vita: D-Heart, dispositivo che permette di eseguire in brevissimo tempo un elettrocardiogramma attraverso uno smartphone, è nato da una chiacchierata tra Niccolò Maurizi, Nicolò Briante ed Alessandro Faragli, tre specializzandi del Collegio Borromeo di Pavia che hanno deciso di avviare una start-up per aiutare i Paesi in via di sviluppo anche attraverso la telemedicina: «È qui che l'interesse del Centro internazionale per la Cooperazione allo Sviluppo dell'Università di Pavia si è innestato – ha spiegato il professor Gian Battista Parigi presidente del Cicops e coordinatore del Centro per la Cooperazione Internazionale dell'ospedale San Matteo di Pavia in un'intervista all'emittente diocesana pavese Radio Ticino e al settimanale "Il Ticino" –. Abbiamo subito pensato di mandare i ragazzi a Ziguinchor, nel sudovest del Senegal per testare D-Heart. Prova più che superata». Sì, perché sulla strada dei giovani cardiologi si è trovato a passare un ragazzo africano, che a loro deve letteralmente la vita: «In visita a una squadra di calcio, abbiamo rianimato un ragazzo stramazzato al suolo davanti a noi – racconta Niccolò Maurizi –. Avevamo con noi D-Heart e la diagnosi è stata chiara: cardiomiopatia ipertrofica». D-Heart è stampato in 3D, ha un costo accessibile, è più piccolo di uno smartphone e in 90 secondi esegue un elettrocardiogramma, condividendo il tracciato in tempo reale con un medico o un ospedale. La bontà del progetto ha convinto Fondazione Vodafone, che ha avviato un primo finanziamento.
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